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 2018  gennaio 04 Giovedì calendario

Utili garantiti e clausole segrete. Così in autostrada corrono i pedaggi

Milano Una volta a decidere le nuove tariffe era l’Anas, ora è il ministero delle Infrastrutture. Ma il risultato è sempre lo stesso, immutabile da vent’anni: puntuale come il cambio dei calendari, al volgere dell’anno scattano gli aumenti delle tariffe autostradali. Contraddicendo un principio caro ai liberisti, per i quali una privatizzazione è buona soltanto quando i primi a beneficiarne sono i consumatori. Invece, nella vita reale, da quando la rete delle autostrade è passata sotto controllo dei privati non ci sono mai state stagioni favorevoli agli automobilisti, ma solamente a vantaggio dei concessionari. Dal 1999 a oggi le tariffe al casello sono salite mediamente in Italia del 75 per cento, mentre il tasso di inflazione cumulato non è andato oltre il 37 per cento.
Che cosa ha giustificato la corsa solo in salita dei pedaggi? Da un lato il fatto che si tratta di un monopolio naturale: un tratta non si può affidare a due o più concessionari che si fanno tra loro concorrenza ( come per l’Alta Velocità ferroviaria) né si possono costruire due autostrade parallele. La concorrenza dovrebbe avvenire a monte, quando le concessioni si mettono a gara, e attraverso un sistema di controllo che vada anche a vantaggio dei consumatori.
Così, per capire perché i pedaggi salgono soltanto bisogna tornare agli anni Novanta, quando venne creato il meccanismo che formula la revisione annuale delle tariffe. In precedenza, venivano decise dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica che vigilava su decine di prezzi dalla luce elettrica al pane). Con le privatizzazioni ( governo D’Alema), il compito di approvare gli adeguamenti passa all’Anas prima e poi al ministero delle Infrastrutture. Un cambio dovuto al fatto che Anas è sia l’ente che dà le concessioni ma anche il concessionario di alcune tratte: un conflitto di interesse evidente andato avanti per anni.
Quello che non è cambiato è il modo con cui vengono calcolati gli aumenti: i concessionari portano le loro richieste in base a una formula che tiene conto dell’inflazione innanzi tutto, anche se la componente più rilevante è costituita da valori assegnati a parametri quali coefficienti e valutazioni di qualità del servizio ( come il tasso di incidentalità) ma anche la copertura degli investimenti effettuati dai gestori. I parametri non sono discrezionali, ma lo sono i valori che a essi vengono assegnati. Per esempio, la remunerazione sul capitale investito per gli adeguamenti alla rete: ai concessionari viene riconosciuto un premio su quanto speso. Un meccanismo criticato per due motivi: perché da un lato annulla il rischio di impresa e dall’altra spinge i concessionari a fare sempre più lavori, perché sanno che più spendono più guadagnano. All’estero non è così: in Francia, per esempio, ai concessionari vengono riconosciuti aumenti fino a un massimo allo 0,7% dell’inflazione e non sono previsti incentivi per la qualità del servizio.
Peccato che tutti questi valori, così come il contenuto delle concessioni, sono secretati per tutelare dati sensibili di società private. Non se ne capisce il motivo, parlando – come detto – di monopoli naturali e per decisioni che hanno ricadute su tutti gli utenti. Il sistema è stato più volte criticato dall’Autorità per la Concorrenza che in passato ha chesto di «minimizzare gli oneri per lo Stato e la collettività», ed è stato bocciato anche dall’Unione europea che è arrivata a minacciare sanzioni. Non per nulla, tutto questo è destinato a finire nei prossimi anni: così come già previsto il controllo dell’adeguamento delle tariffe passerà sotto la competenza dell’Autorità dei Trasporti mano a mano che andranno in scadenza le concessioni. Sarà l’Authority che ha sede a Torino a indire le gare, preparare lo schema delle convenzioni e valutare se concedere o meno aumenti. Un modello tariffario è già stato studiato per la prima autostrada che ha visto scadere la concessione. Si tratta della Torino- Ivrea-Valle d’Aosta: a fine anno ha avuto un aumento dei pedaggi dell’ 1,74%, ma se fosse già stato in vigore lo schema dell’Autorità (che verrà applicato al prossimo concessionario), gli aumenti non ci sarebbero stati. Così come finirà la “secretazione” degli atti: l’Autorità dei Trasporti ha criticato e sollecitato il Parlamento a intervenire. Quando ne avrà piena competenza, i meccanismi e le concessioni saranno atti pubblici. In tutti i sensi.