la Repubblica, 4 gennaio 2018
Trentamila euro per un seggio in Forza Italia
Roma L’obolo è fin troppo maxi e in Forza Italia è già scoppiata la guerra tra candidati. Vecchia guardia, astri nascenti, eletti “certi”, aspiranti in bilico, peones da retrovia (in lista), stavolta non si fanno sconti: il partito di Silvio Berlusconi, indebitato e a secco, ha già fatto sapere in via informale che a ciascun candidato nei collegi uninominali e nelle liste verrà chiesto tra i 30 e i 40 mila euro. Condizione minima per poter essere in lizza.Ma è tutto il centrodestra (e non solo) in bolletta. Parte così la campagna elettorale a “km zero”. Dove a zero sono per lo più le casse dei partiti. E allora via con i volantini social, con il porta a porta old style, con tanta tv. Anche se il ritorno alla sfida nel collegio uninominale, nell’era del no- money, sarà tutta da inventare.
Col Cavaliere imbrigliato dalla legge che gli vieta di “donare” più di centomila euro l’anno, a fare le spese sono tanto per cominciare i candidati forzisti. Dovranno versare ben più dei 25 mila euro del 2013. La differenza è che allora erano stati invitati a farlo solo i capilista e gli aspiranti certi di spuntarla. E l’invito era stato accolto solo da pochi. Invece entro il 29 gennaio – termine per la presentazione delle liste – adagiare l’assegno sul tavolo sarà la precondizione per essere inseriti tra i “fortunati”. «Alla fine, la cifra dovrebbe aggirarsi sui 30 mila più che 40 mila euro, ma la beffa sta nel fatto che la pretendono da tutti noi, anche da chi sa di avere poche chance di spuntarla, con l’impegno del partito di restituire eventualmente la somma in caso di mancata elezione – raccontano a Repubblica alcuni parlamentari uscenti, pur certi di essere inserito in alto in lista – Ma col partito a secco di quattrini, i tanti morosi dell’ultima legislatura e con questi chiari di luna, vatti a fidare..». Renato Brunetta, capogruppo uscente alla Camera, minimizza: «Non abbiamo ancora deciso a quanto ammonterà il contributo che chiederemo ai candidati, di certo lo faremo, come avvieremo iniziative di fundraising durante la campagna elettorale».
Matteo Salvini fa outing in conferenza stampa nella sede di via Bellerio, dopo il primo consiglio federale dell’anno. «Non possiamo competere con gli altri che spenderanno milioni. Ad oggi sul conto corrente della Lega abbiamo 15 mila euro grazie alla procura di Genova ( il riferimento è al maxi sequestro dei conti per l’inchiesta in corso, ndr) e quindi chiederemo a tutti gli eletti e ai nostri candidati di darci una mano per stampare volantini e manifesti elettorali. Faremo una campagna elettorale low cost ma con una grande prospettiva di vittoria», confida l’aspirante premier. La Lega è il secondo partito per contribuzione da 2x1000, alle spalle del Pd. Ma non basta. Ecco perché a ogni candidato verranno chiesti 20 mila euro. Almeno a chi beneficerà dei primi posti in lista. Così fan tutti, del resto. Fdi viaggi ai minimi, intorno ai 5 mila. «Nel 2013 eravamo appena nati e abbiamo versato 3-4 mila euro per candidato per creare un fondo di sopravvivenza – racconta Ignazio La Russa, tra i fondatori di Fratelli d’Italia – Ripeteremo più o meno la cosa quest’anno. So che Adolfo Urso sta organizzando qualche cena. Ma siamo abituati a fare le nozze coi fichi secchi, non ci spaventa».
Se è così per i partiti esistenti, figurarsi per chi è appena nato. «Noi la cassa molto semplicemente non l’abbiamo nemmeno – spiega Saverio Romano, vicepresidente di Noi con L’Italia, la cosiddetta quarta gamba del centrodestra – Ognuno dei candidati si finanzierà la propria campagna. Vuol dire che lavoreremo molto sul web. E comunque, fac simili e manifesti costano sempre meno degli spazi tv».
Salvini con loro non vuol trattare e non ne fa mistero, ha ripetuto ieri dopo il Consiglio federale: «Penso che il centrodestra possa poggiare tranquillamente su tre gambe, senza esperimenti di eugenetica: al momento i miei interlocutori sono solo due». Ovvero Berlusconi e Meloni. Ha chiamato in serata il primo ad Arcore. Lunga telefonata dopo tempo, auguri di inizio anno e convenevoli. La conferma che si vedranno «a breve», probabile la prossima settimana, per mettere a punto il programma comune. Punti irrinunciabili: flat tax, giovani, pensioni e sicurezza. Nessun cenno per ora al vero nodo, la ripartizione dei collegi, né alla quarta gamba e agli “ex” di ritorno. I due leader hanno confrontato i rispettivi sondaggi, in parte (non del tutto) coincidenti, per far trapelare «fiducia» sul raggiungimento della quota 40 per cento. Quella che garantirebbe il successo al centrodestra, nonostante tutto.