Corriere della Sera, 4 gennaio 2018
Video hard e bulli, la trappola
Ma che fai? Mi stai riprendendo mentre facciamo sesso?». La voce della ragazza – trentenne, capelli lunghi – è concitata. Sullo sfondo un film d’azione in tv fa da colonna sonora nella stanza. «Ma che dici? Controllo WhatsApp», dice un uomo, non ripreso. La giovane allora si volta di nuovo ma continua a fare l’amore. Così, per altri 53 secondi. «Che cu… che ha!», commenta un utente. «Hai altri video di questa gnocca?», chiede un altro. «No, m’ha mollato ‘sta tr… Se volete il suo numero ve lo do», risponde lo stesso profilo che ha messo il video a disposizione degli iscritti a questo gruppo su Kik, app utilizzata per conversare e scambiarsi materiale d’ogni tipo.
Come queste immagini che alcuni giorni dopo finiscono su Telegram, altra app di messaggistica istantanea, in un gruppo che di «abbonati» ne conta 3.100 e che viene in seguito bloccato per aver diffuso file pornografici, come recita il messaggio. Però il video sopravvive e viene ripubblicato su un altro «circolo digitale». E anche qui giù con gl’insulti, gli apprezzamenti, le richieste di dettagli sulla malcapitata e i «mi ricorda ‘sta tizia…». Pazienza poi se la «tizia» – della quale viene fornito ulteriore materiale foto e video – ha i capelli più scuri, la voce diversa e un altro numero di telefono e quindi non c’entra nulla. E così le vittime diventano due, poi tre, quattro, venti, trentadue col passare dei giorni. Perché – per dirla con uno dei gestori di questi spazi – «se il gruppo condivide è più divertente».
Le piattaforme
Abbiamo trascorso molte settimane nei gruppi su Telegram e Kik dove migliaia di persone si scambiano ogni genere di materiale, per la maggior parte a contenuto erotico e contatti telefonici diretti, di donne e ragazzine del tutto ignare. Spazi digitali che spesso hanno nomi bizzarri e regole d’ingresso e permanenza. Come questo gruppo su Kik – dove la «capienza» massima è di 50 utenti – che impone di inviare ogni giorno materiale vietato ai minori (di fidanzate o ex, amiche, conoscenze occasionali) altrimenti si viene cacciati.
Niente Facebook o WhatsApp. «È meglio muoversi su app che non rompono più di tanto le scatole», spiega l’amministratore di un gruppo su Telegram che conta oltre 2.300 «abbonati». «Su Facebook con la minima segnalazione si viene bloccati. Su WhatsApp girano i numeri di telefono. Su Telegram o Kik non c’è bisogno di fornire contatti». Ci sono almeno due modi per arrivare a questi gruppi. Uno è quello di andare su siti come Ask.fm o Tumblr, finiti tempo fa sotto accusa per episodi di suicidio tra i minori. L’altro è cercarli nelle app. Una volta dentro s’incrociano diversi profili. C’è chi si è iscritto per curiosità, chi sembra farlo da tempo. I giovanissimi si trovano di più su Telegram, mentre quelli più adulti sembrano preferire Kik. Non tutti paiono rendersi conto che una volta nel gruppo il materiale inviato da loro non è più gestibile: c’è chi lo scarica sul telefonino o sul pc, chi lo inoltra su altre piattaforme. Pazienza se nome e luogo si perdono, perché i volti e le situazioni restano quelli, senza censura.
I dialoghi
«Non hai foto della tua amica?», esordisce un utente su Kik. «Lei è via, devo rifarne di nuove», risponde l’altro. «Vanno bene anche le vecchie», ribatte il primo. In un istante arrivano alcuni scatti della ragazza: mora, non più di 30 anni, impegnata in un atto sessuale e pare ignara di essere ripresa. «Che maiala», commenta un ulteriore account. Le regole di questi «circoli» digitali sono ferree: «Presentati e devi condividere del materiale», pretende l’amministratore. «Che cosa serve?». «Quello che hai della tua fidanzata». «Cerco qualcuno che sputtani amiche o parenti. Do nomi e cognomi», si aggiunge un altro, mentre su un gruppo milanese un 35enne invita a molestare la sua ex della quale fornisce nome e cognome, contatti Facebook, Instagram e Kik.
Su Telegram intanto spunta in un gruppo con oltre 200 abbonati un ragazzo che inizia a mandare scatti di quelle che definisce «amiche». «Sei un avaro se ti mantieni le foto tutte per te», lo sollecita un coetaneo. «Fidati non me le terrò per me, anzi le condividerò tutte, ma non in una volta», risponde l’altro. «Ecco il link per scaricare tutte le foto delle liceali di Modena», segnala il messaggio in un gruppo che in quel momento ha circa 3.500 iscritti a fine novembre. Una sessantina di minorenni ha condiviso su WhatsApp centinaia di selfie e video con atti di autoerotismo. Qualcuno ha poi copiato il materiale e messo a disposizione di chiunque su Telegram, dove vengono visionati oltre 13.600 volte prima che il link venga disattivato.
Le minorenni
Di Carla mostrano il video-saluto spinto destinato a qualcuno di cui lei si fidava. Non contenti forniscono pure il numero di telefono, gli account social (Facebook e Instagram), la residenza in una grande città. Di Martina oltre al cellulare e al paesino del Sud, mettono a disposizione la password per accedere all’account email e Instagram. Francesca viene inserita nella categoria delle «baby squillo romagnole». Carla, Martina e Francesca hanno tra i 15 e i 16 anni (per questo ne abbiamo cambiato i nomi, ndr ). E pure loro sono finite nei gruppi su Telegram.
Le regole sono poche ma dettagliate. «Di ciascuna ragazza vanno forniti il numero di telefono, la foto, il nome, il cognome, la città, l’età, la scuola e i social», chiarisce un amministratore. Non è un caso se di alcune delle malcapitate si viene a sapere pure la classe in cui sono iscritte. E guai a fare i furbi. «Tutte le informazioni verranno verificate». Alcune finiscono lì «grazie» a qualche ex o coetaneo respinto. Come una minorenne calabrese – della quale viene inviata la foto in topless – che ha la «colpa» di «far soffrire i ragazzi». Sotto a ogni profilo caricato c’è persino un sondaggio con gli emoji che vanno dal cuore (il massimo) al faccino che vomita (il minimo). Un utente cerca pure di farci dei soldi. «Qui potete comprarvi foto e video mandati da mie amiche, italiane dalla Sicilia a Roma». Tre euro per scatto, almeno 5 per i filmati.
L’appello agli insulti
Oltre a quelli per lo scambio di file «hot» sono molto attivi i gruppi nati per molestare gli adolescenti, soprattutto maschi. Per esempio il 12enne – di cui viene fornito ogni tipo di contatto, compresa una foto del suo pene – che si sarebbe permesso di «tradire gli amici per una tr… che tanto non gliela darà mai». Di un altro mettono a disposizione tutte le password: «Fottetegli tutto e date una lezione a ’sto gran figlio di...». In questo modo la violazione della privacy – non soltanto digitale, ma anche reale – finisce per essere completa: della vittima si viene a sapere molto più persino degli stessi genitori che dormono nella camera di fianco.
Contattata dal Corriere Telegram non ha risposto alle domande. «La sicurezza online per noi è una cosa seria, cerchiamo di migliorare costantemente tanto da stanziare dieci milioni di dollari in 18 mesi», spiega invece Rod McLeod, direttore delle comunicazioni di Kik. «I profili che violano i termini di servizio vengono bloccati e invitiamo gli utenti a segnalare i contenuti contro il regolamento». McLeod non fornisce dettagli sulle segnalazioni ricevute dall’Italia. Ma assicura: «Kik lavora con le forze dell’ordine di tutto il mondo».