Corriere della Sera, 4 gennaio 2018
La scuola dell’alta borghesia e i ricordi di Luciana Castellina: «Il docente fuggì con una di noi»
Il Tasso era ed è il «liceo dell’alta borghesia romana» e per questo, tra i banchi dell’istituto di via Sicilia, appena pochi passi dalla più modaiola via Veneto, hanno studiato decine di personaggi del mondo dello spettacolo e della scena culturale italiana, come pure politici. Solo alcuni nomi per tutti: Vittorio Bachelet, Ettore Majorana, Paolo Portoghesi, Vittorio Gassman e Carlo Verdone, Giovanni Floris, Ugo Stille e Paolo Mieli, Giulio Andreotti, Paolo Gentiloni, Linda Lanzillotta, Maurizio Gasparri e Antonio Tajani.
Alla metà degli anni Quaranta, scelse di affrontare i suoi studi classici al liceo Tasso anche Luciana Castellina, parlamentare ed eurodeputata, giornalista e scrittrice. «Ho frequentato il Tasso più di sessanta anni fa. Oggi sarà tutto cambiato rispetto ad allora». Sono le sue prime parole dopo aver appreso dell’inchiesta che ha come protagonista un professore di Storia e filosofia del liceo romano, accusato di aver inviato in chat proposte erotiche e apprezzamenti, fin troppo espliciti, ad alcune sue studentesse. «Allora, ne sono sicura, non sarebbe mai successo».
Certo non c’erano i telefonini e la chat di WhatsApp, ma che clima si respirava al Tasso?
«Un clima decisamente austero».
Lo può descrivere?
«Le descrivo come venivano i professori a insegnare. In giacca e cravatta, innanzitutto. Dovevano essere impeccabili loro per primi. E sul bavero uno stemma con parole non proprio amichevoli rivolte agli inglesi».
Sembra quasi di vederli, ingessati ed eleganti anche al suono della campanella delle 8...
«Consideri che stiamo parlando dei tempi in cui c’era il fascismo. Erano di certo timorati».
Tanto più che al Tasso studiavano esponenti della famiglia del duce, giusto?
«Esattamente. Anna Maria Mussolini, la figlia di Benito Mussolini, era proprio una mia compagna di classe».
Quindi figuriamoci se potevano accadere scandali di questa portata.
«Una cosa del genere non sarebbe mai venuta in mente a un professore. Ma soprattutto non sarebbe mai stata denunciata dalle studentesse. Anche se...».
Anche se?
«Ai miei tempi ci fu una vicenda che fece scalpore. Un professore, un tale Ardizzone, scappò con una studentessa».
Ricorda se era maggiorenne?
«No di certo, all’epoca si diventava maggiorenni a 21 anni, non a 18. Ovvero solo dopo aver finito il liceo».
Quindi queste cose succedevano già tempo fa?
«Quella era una storia diversa. Tra loro era vero amore. Ed era consensuale».
Ricorda che cattedra aveva il professor Ardizzone?
«Quella di Storia e filosofia».
Anche lui... vizio di chi insegna queste materie allora?
«Può darsi».
Torniamo un passo indietro. Perché dice che allora le studentesse non avrebbero mai denunciato?
«Allora le donne erano sottomesse».
Questa vicenda giudiziaria è figlia di una degenerazione dei rapporti in genere, anche di quelli tra docenti e alunni?
«No, non credo si tratti di degenerazione. Prima non se ne parlava, ma forse simili fenomeni erano anche più numerosi».
Cosa pensa del fatto che sia accaduto proprio al liceo Tasso, che tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento è nato a Roma come un istituto scolastico d’élite?
«Oggi il Tasso è un posto come un altro. Un liceo come tanti ce ne sono in città».
E se fosse confermato che il professore, ora indagato per molestie, abbia usato la sua posizione per minacciare e inficiare la carriera scolastica delle giovani studentesse?
«Negli uffici e nelle fabbriche succede sicuramente di peggio. Chissà quanti sono i casi di molestie. Solo che anziché la carriera scolastica rovinata, lì la minaccia è il licenziamento. Il ricatto è quello: la perdita definitiva del posto di lavoro. Non so cosa sia più grave».