La Stampa, 4 gennaio 2018
Adriano Celentano. Gli 80 anni ancora al massimo del divo pop diverso da tutti
Un altro non lo troviamo, nel giro delle icone macerate di questi anni mediatici. Un altro che venga fuori dai suoi silenzi immobili e – per riaffermare quella sua identità che ignora il tempo – intervenga addirittura sulla preghiera al Padre Nostro, in appoggio a Papa Francesco che contestava quel poco comprensibile «Non indurci in tentazione».
Così, soltanto un mesetto fa con un articolo sul «Corriere della Sera» nel quale ribadisce il suo «parere-rock», Adriano ha ripetuto con innocenza il senso che sta dietro la celentanità, ovvero l’ostinata diversità e imprevedibilità rispetto a qualunque divismo pop. Scelte prudenti non ne ha fatte mai, e ancora oggi che tutti sono blindati dentro i loro Facebook d’acciaio, lui che sabato compie 80 anni – e non lo diresti mai – è sempre pronto a metter le mani in pasta se per la sua Weltanschauung ne può valere la pena.
È che Celentano non ci pensa, non calcola. Ha sempre corso volentieri il rischio di essere definito «cretino di talento», come scrisse Giorgio Bocca nel 1987, durante gli anni di Fantastico. Qualcuno, sempre allora, sospettava di peggio: «È capace di fare qualsiasi cosa. Anche 35 puntate di Fantastico senza accorgersene», ebbe a dire di lui Beppe Grillo, generoso come sempre con i colleghi.
D’altronde, fin da ragazzino, Adriano ha studiato solo da Celentano, facendo tesoro di tutto ciò che la vita o il caso gli proponevano. Somigliava a Jerry Lewis? La cognata lo iscrisse nel ’57 a un concorso di sosia, che vinse. Rimase folgorato da Rock Around the Clock di Bill Haley? Eccolo al primo Festival del rock’n’roll al Palaghiaccio di Milano, trionfatore con Ciao ti dirò di Giorgio Gaber, che diventerà suo chitarrista. In un’ultima rievocazione a 125 milioni di caz..te, anzi, Giorgio e Adriano cantano quei momenti agitandosi seduti su due seggioline, in un esilarante momento tv.
Celentano aveva una vocalità perfetta per il rock, e fianchi da far invidia a Elvis. Anche fisicamente, esibiva un senso istintivo per questo ritmo: quando «molleggiava», muovendo le anche e allargando le gambe al centro del palco, provocava autentiche scosse elettriche in un pubblico che si stava scrollando di dosso fangosi decenni di Giorgio Consolini e Gino Latilla.
24 mila baci, nel 1961, arrivò dopo che Fellini l’aveva trascinato a cantare nella Dolce vita. Fu un ciclone che si sviluppò a Sanremo cominciando dalle terga che il militare in licenza breve volgeva poco educatamente alla telecamera. Canzoni vivaci, energiche, passionali, cover e originali, fiorirono intorno al personaggio. Oltre all’amore, e alla carezza in un pugno, due costanti, religione e ambientalismo: Pregherò (da Stand By Me) e Il ragazzo della via Gluck del 1966, o L’albero di 30 piani del quale nel frattempo il mondo si stava riempiendo. In musica è stato un rivoluzionario, e ha persino praticamente inventato il rap con Prisencolinensinainciusol in tempi insospettabili, visto che era il 1973.
Ma altrove Adriano si è soprattutto battuto per la conservazione. Della natura, della religione, della famiglia. Claudia Mori, bellissima, sposata nel ‘64 e madre dei suoi tre figli, è ancora con lui dopo 54 anni. Partner artistica in Chi non lavora non fa l’amore, apparentemente anti-sciopero, che vinse Sanremo 1970.
È la sua manager, la sua antagonista, la compagna di giochi, la complice in quel percorso di celentanità senza paura che ha dato il suo contributo alla trasformazione dell’Italia e degli italiani in lunghe ore televisive, esilaranti o spettacolari, o contestate e spesso un po’ confuse, prive di un punto di arrivo ben calcolato: il segno anche della sua disarmata celentanità, e delle difficoltà di impegnarsi in un lavoro di gruppo quando ci sono punti di vista da difendere a tutti i costi.
Dal balcone degli 80 anni, se volesse, Adriano potrebbe veder scorrere anche la sua vita nel cinema. I successi ma anche le cadute: la gioiosa filastrocca di Yuppi Du del ‘75 come l’insuccesso clamoroso di Joan Lui dell’85, con la parabola di un nuovo Messia con tanto di Satana giapponese. Flop pazzesco.
Ma fra tv e cinema, quel che ci piace tenere alto è il Celentano che ha venduto 200 milioni di dischi nel mondo, con una rinascita che dura dai ‘90 grazie anche al team Mogol-Gianni Bella. Tra l’altro, a 80 anni il Nostro sfodera una capacità vocale ancora di tutto rispetto nell’ultimo album Le migliori inciso con la migliore, Mina. L’ultima rilettura, Tutte le migliori, staziona ancora al terzo posto della hit parade, dopo Vasco Rossi e Jovanotti: e in un Paese che senza dirlo mostra gran fretta di dimenticare, Celentano può davvero festeggiare ancora al top. Alla faccia degli 80.