La Stampa, 4 gennaio 2018
Dalla Gioconda all’Urlo di Munch. Quando la sala blindata non basta
Musei più blindati di Fort Knox? Statue e quadri, gioielli e miniature inavvicinabili e irraggiungibili, dietro sbarramenti, inferriate, allarmi, vetri blindati, vigilantes e adesso, causa terrorismo, pure soldati in assetto di guerra? Figuriamoci. Non c’è museo che non sia stato derubato almeno una volta, i più famosi anche più d’una. Per il gotha dell’arte è quasi un titolo di nobiltà, quello di attirare i ladri. Un po’ meno, magari, che riescano davvero a portarsi via il bottino.
Eppure è sempre capitato e, si suppone, sempre capiterà. Prendete il Louvre, che peraltro sui furti legalizzati della Rivoluzione e dell’Impero è nato. Perfino inutile citare il furto «patriottico» della Gioconda nel 1911, protagonista l’umile impiegato italiano che voleva riportare Leonardo a casa (e dire che furono sospettati del colpo – e torchiati – nientemeno che Apollinaire e Picasso...). A Parigi, il furto recente più spettacolare è quello del 2010, al Museo d’arte moderna. Protagonista un ladro tutto di nero vestito che, a sale chiuse, ruppe un vetro, segò un’inferriata, tagliò un lucchetto e se ne andò con cinque tele. Il tutto ripreso dalle telecamere e magari facendo pure ciao con la manina guantata.
L’Ermitage di Pietroburgo non è da meno, anzi con un tocco di folle grandiosità tipicamente russa. Nel 2015, il museo dovette ammettere che si erano volatilizzati 221 fra gioielli, smalti e icone, forse fatti sparire dalla stessa esperta che li stava inventariando. Certo, con tre milioni di pezzi nelle collezioni, non è sempre facile accorgersi se sparisce qualcosa. Però nel ’94 fu beccato con le mani nella marmellata, anzi su un manoscritto antico, un membro della speciale commissione anticorruzione appena fondata da Boris Eltsin.
Tutti ricordano il furto da urlo dell’Urlo di Munch, nel 2004 dal museo di Oslo, protagonisti tre uomini armati. Tre e armati anche i ladri che, in una brutta domenica del 2008, entrarono al Bührle di Zurigo prendendo in ostaggio prima gli impiegati e poi quattro quadri: poker di Cézanne, Degas, Van Gogh e Monet, valore stimato 161 milioni di dollari. Al Van Gogh di Amsterdam, nel 2002, i ladri entrarono invece da un lucernario e poi si calarono nelle sale con una corda. E tanti saluti alla Chiesa di Noenen e alla Tempesta a Scheveningen dello stesso Van Gogh. Nel ’91, sempre da lì, di tele ne erano sparite addirittura venti, compresi i celebri Girasoli, ma almeno furono ritrovati poco dopo.
Dall’altra parte dell’Atlantico non va meglio. Il più spettacolare furto d’arte nella storia degli Stati Uniti avvenne nel marzo 1990 al Stewart Gardener Museum di Boston. Due uomini vestiti da poliziotti arrivarono di notte dicendo ai vigilantes di aver ricevuto una chiamata d’emergenza. Poi i ladri vestiti da guardie portarono via quadri per 300 milioni di dollari, compreso un Vermeer e un Rembrandt. Nel 2006 toccò invece al museo Chacara de Ceu di Rio dove, nell’atmosfera euforica di inizio carnevale, fecero irruzione sei banditi armati di granate. Una rapina col botto: Picasso, Monet e Matisse.
E in Italia? Modestamente, quanto a saccheggi non ci facciamo mancare nulla. Solo per restare agli ultimi anni: nel ’90 sparì un Tiepolo dalle Gallerie dell’Accademia a Venezia; nel ’92, un Velazquez dalla Galleria Estense di Modena; nel ’98, un Van Gogh e un Cézanne dalla Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma; nel 2015, diciassette opere da Castelvecchio, a Verona. Quanto ai gioielli, nella notte di Pasqua del 2013 ne furono rubati 27, valore tre milioni, da Villa Giulia a Roma, poi recuperati. Cosa volete che siano, due ninnoli dei maharaja?