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 2018  gennaio 04 Giovedì calendario

Gli italiani e le buste di plastica

Il popolo italiano risulta impreparato di fronte all’ultima emergenza: quella dei sacchetti in materiale biodegradabile con cui dal 1° gennaio è obbligatorio imbustare frutta, verdura, carne, pesce. La legge obbliga i commercianti a metterceli a disposizione e noi a pagarli. È vietato darceli gratis.  

Ma perché?
Se ne vuole scoraggiare l’uso, si dice. In ogni caso è un punto della legge che parla chiaro: «Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite». Così il punto 5 del comma 2c) dell’articolo 226-ter della Legge 3 agosto 2017, n. 123 recante «Disposizioni urgenti per la crescita del Mezzogiorno».  

I sacchetti biodegradabili aiutano la crescita del Mezzogiorno?
I sacchetti biodegradabili non c’entrano niente con la crescita del Mezzogiorno, ma bisognava adeguarsi alle normative europee, il parlamento doveva andare in ferie, c’era da convertire un decreto legge e si profittò di questo decreto legge per infilarci dentro le norme sui sacchetti biodegradabili. Che sono tra l’altro una vecchia storia, si riuscì a regolarne l’uso già nel 2011, ma con un risultato mezzo. Infatti la grande distribuzione si adattò subito, i piccoli mercati e i negozi non si sono invece ancora rassegnati e tanti sacchetti che ci vengono forniti quando andiamo a fare la spesa sono del tutto fuori legge.  

Che succede se il padrone del supermercato decide lo stesso di farci il regalo?
Sanzioni da 2.500 a 25.000 euro. I padroni dei supermercatiu ci faranno pagare di sicuro i sacchetti. I vari comunicati parlano di un costo al pubblico di 2-5 centesimi a sacchetto. Ieri ho visto che ci si sta orientando sui 2-3 centesimi. Sembra niente, ma la gente è incazzata. «Come, anche questo!» con quel che segue. Sembrano tutti usciti da un vecchio atto unico di Peppino De Filippo che si intitolava Spacca il centesimo.
I vignettisti e gli scrittori di satira non si sono ancora resi conto di quanto prescritto dallo stesso articolo di cui sopra, ma ai punti 2a, 2b e 2c: «La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti modalità: dal 1° gennaio 2018 possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento» che diventa il 50% nel 2020 e il 60% nel 2021. I relativi controlli, affidati alla polizia amministrativa, devono essere effettuati senza aggravio di costi per lo Stato. Il che vuol dire che, in pratica, ce ne saranno pochi o nessuno. Non rida però: le legge può suonare ridicola e ha alcune assurdità (come quella che vieta, per motivi igienici, di portarsi una borsa da casa), ma è invece necessaria.  

Perché?
I sacchetti di plastica sono minibombe ecologiche. Goletta verde ha dismostrato che ogni cento metri di spiaggia se ne trovano quindici. Consumiamo ogni anno 150 sacchetti inquinanti a testa, per un totale di nove miliardi di pezzi. Occupano in media dodici minuti della nostra vita (percorso cassa-casa), ma poi ci mettono secoli a smaltirsi. L’Italia è un’eccellenza nel riciclaggio, ma i sacchetti girano il mondo e nel Pacifico esiste un’isola fatta di sacchetti di plastica e altra spazzatura a cui è stato dato nome Plastic Vortex. La Fao sostiene che i temi di smaltimento della plastica sono di 500 anni, ma per le pellicole dei sacchetti, se sono abbastanza sottili (come quelli che ci vengono imposto adesso dalla legge) può bastare qualche decennio. Secondo uno studio dell’Arcadis, il 5% di tutti i rifiuti che si trovano sulle spiagge del Mediterraneo (701 ogni cento metri) è composto da sacchetti di plastica. La classifica intera è questa: vaschette per alimenti e stoviglie di plastica 17%, filtri di sigaretta 14%, tappi 14%, sacchetti della spesa 5%, bastoncini per le orecchie 5%,  frammenti minuscoli di plastica 4%. Gli inquinatori più tenaci sono i turisti, responsabili del 53% dei rifiuti.  

Dove va a finire alla fine tutta questa porcheria?
Le più temute sono le microplastiche. Contribuiscono alla creazione di questo pulviscolo, oltre ai famigerati sacchetti, le polveri che si generano per lo sfregamento dei pneumatici sulle strade. Le piogge portano questa roba ai fiumi e dai fiumi questi rifiuti invisibili arrivano al mare dove si mischiano ai prodotti del lavaggio dei vestiti, ai cascami tessili, alle vernici navali, ai bastoncini per orecchie e ai granelli delle creme esfolianti, Polveri, che superano le griglie dei depuratori e alla fine arrivano in bocca ai pesci.