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 2018  gennaio 03 Mercoledì calendario

APPUNTI  PER GAZZETTA - I SACCHETTI BIODEGRADABILILEGGE 123 del 3 agosto 2017Esordio dei biosacchetti per la frutta, le reazioni nei negozi: "Ora pure questi ci tocca pagare" Dal primo gennaio 2018 anche i sacchetti usati per imbustare frutta e verdura, carne e pesce, affettati e prodotti di panetteria dovranno essere biodegradabili e pagati come le classiche buste della spesa

APPUNTI  PER GAZZETTA - I SACCHETTI BIODEGRADABILI

LEGGE 123 del 3 agosto 2017

Esordio dei biosacchetti per la frutta, le reazioni nei negozi: "Ora pure questi ci tocca pagare"

Dal primo gennaio 2018 anche i sacchetti usati per imbustare frutta e verdura, carne e pesce, affettati e prodotti di panetteria dovranno essere biodegradabili e pagati come le classiche buste della spesa. Le nuove norme sulle shopper, contenute nella legge di conversione del decreto legge Mezzogiorno, prevedono che anche i sacchetti leggeri e ultraleggeri, ovvero con spessore della singola parete inferiore a 15 micron, siano biodegradabili e compostabili. Possono essere distribuiti esclusivamente a pagamento: il costo è a discrezione del commerciante e si aggira tra i 2 e 10 cent. Si punta così a reprimere pratiche illegali quanto dannose per l’ambiente. A soli due giorni dall’entrata in vigore della normativa però, commercianti e consumatori non sembrano aver recepito positivamente il nuovo obbligo. C’è chi si dice stupefatto, chi la considera l’ennesima batosta, chi tra i commercianti, non è d’accordo con l’obbligo e chi ancora cerca di capire come far digerire ai propri clienti questo costo aggiuntivo.



REPUBBLICA DI STAMATTINA
CRISTINA NADOTTI
ROMA La norma c’è, l’applicazione però è fantasiosa, come spesso accade. Dal primo gennaio le buste di plastica per gli alimenti freschi come frutta, verdura, mozzarelle o pesce devono essere biodegradabili e compostabili e il consumatore deve pagarle. Lo stabilisce l’articolo 9-bis della legge di conversione 123/2017 precisando: «Il prezzo di vendita deve risultare dallo scontrino». Secondo il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciofani, «il costo non dovrebbe superare i 3 centesimi, sopra i quali si tratta di speculazione». La legge segue una direttiva Ue con l’intento di ridurre l’utilizzo di plastiche dannose per l’ambiente e completa il bando delle buste per la spesa del 2011, che ha riabituato molti a portare con sé la vecchia sportina per non vedere sul conto finale i 10 centesimi in più per il sacchetto con i manici biodegradabile. Già da ieri, chi non si adegua rischia una multa dai 2.500 ai 25mila euro, ma un rapido giro nei supermercati e nei mercati rionali di Roma, con telefonate ad amici e commercianti nel resto d’Italia, lascia supporre che i rivenditori si aspettano un notevole margine di tolleranza. La grande distribuzione si è adeguata prontamente, nei reparti ortofrutta le bobine di sacchetti in plastica leggera sono state sostituite (già da qualche tempo, in alcuni casi) da bustine a norma e ci sono cartelli per informare i clienti sul loro costo, che non supera, in media, i 4 centesimi. Nelle catene più piccole c’è qualche disagio in più, con i commessi a spiegare quanto accade, soprattutto quando vedono accumulare nel carrello dieci bustine, non sempre tutte utili a pesare la merce. Ci sono anche i supermercati dove i vecchi sacchetti fanno ancora mostra di sé: «Per ora smaltiamo quelle vecchie, poi si vedrà» dice il direttore del negozio, chiedendo di non essere identificato. «Abbiamo chiesto di non farle pagare, perché a noi in pratica non costano nulla. E poi dobbiamo anche adeguare il registratore di cassa». Giovanni Calì, presidente della fondazione Telos centro studi dei commercialisti di Roma, conferma che i centesimi della biobusta gravano soltanto sul consumatore: «È marginale l’introito per lo Stato, o comunque non quantificabile al momento» spiega Calì «ma in termini fiscali per l’esercente è un nuovo ricavo su cui pagherà le tasse, mentre per il cliente è una spesa. Il consumatore ha sempre pagato il costo della busta compreso nel prezzo delle zucchine, dubito però che ora i commercianti scaleranno i 4 centesimi dal costo della merce». L’italiana arte di arrangiarsi si apprezza al meglio nei mercati rionali o nei grandi negozi di frutta e verdura. Sui banchi, con le solite bobine, fanno ancora bella mostra di sé i sacchetti con i manici fuori legge dal 2011. «Siccome l’ha detto la tv la gente ci chiede spaventata se gli facciamo pagare i sacchetti» dice un fruttivendolo al mercato «ma noi mica possiamo!». Il ragazzo egiziano che espone anche bustine apparentemente biodegradabili è cristallino: «Ah, quelle? No, mica sono a norma, ora ci vogliono le compostabili al 40 %». Anche lui imbusta la spesa finale nel vecchio sacchetto bianco di plastica e conferma: «Non ci ha mai controllato nessuno e le non biodegradabili ci costano molto meno». «I controlli non sono adeguati – ammette Ciofani di Legambiente – ci dovrebbe essere l’impegno non solo delle forze dell’ordine nazionali, ma anche delle polizie municipali. È vero che le biobuste costano un po’ di più, ma soltanto perché sono una novità». Ciofani liquida la polemica sulla norma che avvantaggerebbe una sola ditta produttrice di buste, la Novamont: «Quella del monopolio è un’accusa senza fondamento, le bioplastiche le fanno le maggiori aziende al mondo e anche la difficoltà di approvvigionamento è pretestuosa». Ciò su cui conviene, però, è che la norma migliorerebbe consentendo, come per la spesa finale, di portare da sé buste o contenitori, al momento proibiti per questioni igieniche: «Limitare lo spreco di plastica è essenziale» ribadisce «ben vengano modifiche per garantire l’igiene e ridurre ulteriormente l’uso di buste usa e getta». © RIPRODUZIONE RISERVATA Dal primo gennaio i sacchetti di plastica per alimenti freschi sono biodegradabili e a pagamento “Da 1 a 5 centesimi” Dubbi di chi compra e controlli inadeguati GETTY IMAGES Oggi su Repubblica.it il videoservizio sul primo giorno di applicazione della legge tra i consumatori nei mercati e supermercati di Roma
LIVINI SU REPUBBLICA DI DICEMBRE Rivoluzione verde addio ai sacchetti di sola plastica

Da gennaio stop a quelli usati per i prodotti sfusi "Siano biodegradabili e rinnovabili al 40%"

MILANO

L’Italia gioca l’arma segreta – quattro monete da un centesimo – per provare a chiudere per sempre l’era dei sacchetti di plastica. La battaglia contro queste mini bombe-ecologiche (se ne trovano 15 ogni cento metri di spiaggia tricolore, certifica Goletta verde) s iniziata nel 2011, quando Roma – pioniera in Europa – ha proibito l’uso delle buste della spesa tradizionali. La rivoluzione verde s riuscita a metà: un successo nella grande distribuzione, dove con il consumo dei modelli " biodegradabili e compostabili" – a pagamento per scoraggiarne l’abuso – s crollato del 50% il ricorso ai sacchetti; un flop nei piccoli negozi e nei mercati rionali dove, complici multe arrivate con il contagocce, furoreggiano ancora falsi bio e confezioni illegali comprate di frodo.

Il governo però ha deciso di tentare l’affondo con la fase due. Obiettivo: la spallata agli " irriducibili", i nove miliardi di sacchettini super-inquinanti, 150 a italiano, con cui ogni anno imbustiamo (gratis) frutta e verdura nei supermercati. Dal primo gennaio anche loro andranno in pensione. Sostituiti – tra mille polemiche – dai cugini " verdi" venduti attorno ai quattro centesimi l’uno. « Una tassa sulla spesa per i consumatori» che vale 450 milioni l’anno per Confesercenti. Un sacrificio necessario, parola della Ue, per imparare che le buste di plastica – che vivono in media 12 minuti da cassa a casa e impiegano secoli a smaltirsi – hanno un costo ambientale altissimo.

Le rivoluzioni però non sono mai indolori. E anche quella che da gennaio travolgerà i banconi dell’ortofrutta inizia un po’ nel caos. Le regole d’ingaggio sono state decise all’ultimo momento ( nel decreto Mezzogiorno dello scorso agosto). E non sono chiare, nemmeno per i consumatori. Le certezze sono tre: dal primo gennaio gli shopper in cui mettere e pesare pere, mele, carote e pomodori dovranno essere ecologici, fatti per il 40% di materia prima rinnovabile e a pagamento. Il resto s affidato alla creatività italica. Si potranno portare da casa borse proprie? Il ministero dell’Ambiente ha già detto di no « per questioni di igiene » . Sarà possibile usare un sacchetto per tanti prodotti? Probabilmente no. « Complicato registrarli alla cassa», spiega Alberto Moretti, direttore marketing canali distributivi Conad. «E avere confezioni di dimensioni differenti vuol dire diventar matti con la tarature delle bilance». Quanto si pagheranno? « Vorremmo darli gratis ma non possiamo», dice Renata Pascarelli, direttore qualità Coop, che in alcune aree usa da tempo buste verdi per ortofrutta a costo zero (come Naturasì e Esselunga). Il valore di mercato s un po’ meno di 4 centesimi a pezzo. «Noi comunque vigileremo per evitare speculazioni » , assicura Marco Versari di Assobioplastiche. « Le buste tradizionali sono grandi da 3 a 5 volte di più e costano dieci centesimi. Il calcolo s facile…».

Barare sul prezzo per farci la cresta, insomma, sarà quasi impossibile. Più semplice invece capire chi guadagna e chi perde dalla svolta ecologica sugli scaffali: il "salassino" medio per famiglia, tenendo buono il dato dei 150 sacchetti a testa, s di circa 20 euro l’anno. « Che scendono a 5 se si calcola il fisiologico calo del consumo e il risparmio riciclandoli per l’umido», dice Versari. A guadagnarci saranno lo Stato che incasserà l’Iva (la voce "accisa e imposta consumo sacchetti di plastica" rende già 432 milioni l’anno) e l’Italia Spa: « I sacchetti inquinanti arrivavano dal Far East mentre noi con la Francia siamo un’eccellenza nella produzione di quelli bio», garantisce Versari. L’effetto- collaterale dei balzelli anti- plastica « s pure l’aumento della consapevolezza sul tema, visto che nel 2017 ne ricicleremo un milione di tonnellate, il 41% del totale immesso sul mercato, come Germania e Svizzera » , racconta orgoglioso Antonello Ciotti del consorzio Corepla, responsabile del recupero della materia prima.

Festeggia pure madre Terra ( ogni anno la plastica uccide un milione di uccelli e 100mila mammiferi marini) sperando che la rivoluzione dei sacchetti verdi non si fermi a metà come quella del 2011, arenandosi sulla soglia dei piccoli esercenti. « Colpa di vigili e polizia urbana che non multano gli ambulanti » , dice Versari, « forse perché gli incassi non restano sul territorio ma vanno a Roma » . « Le cose però sono decisamente migliorate negli ultimi mesi » , assicura Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. Era ora: solo tra le bancarelle dei mercati rionali di Milano circolano ogni giorno – con buona pace di balene e tartarughe – 100mila shopper fuorilegge.