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 2018  gennaio 03 Mercoledì calendario

Ecologica e meno utilitaria l’auto esce dal decennio nero

Torino Più ecologica, meno utilitaria e, naturalmente, più tecnologica. Con 1.970.000 auto vendute nel 2017 l’auto italiana torna sostanzialmente ai livelli pre crisi. Un’occasione per guardarsi indietro e osservare chi ha pagato i costi della grande depressione economica degli ultimi dieci anni, e chi invece può dire di essere stato favorito dalla tempesta. E siccome l’auto continua ad essere uno dei beni di consumo più sensibili agli andamenti generali dell’economia, il bilancio può diventare una buona occasione per riflettere sulle conseguenze che la crisi ha finito per avere sulle nostre abitudini.
Il 2017 si è chiuso poco sotto i due milioni di auto vendute. Abbastanza vicino alla soglia dei 2,2 milioni, il limite che il Centro Studi Promotor di Bologna considera fisiologico per il mercato italiano. Secondo Gian Primo Quagliano, direttore di Csp, in Italia si venderanno 2,2 milioni di auto nel 2019. Ma già oggi siamo sostanzialmente arrivati alla fine della lunga traversata. Il grafico delle vendite nella Penisola è una grande V in cui il punto più basso è nel 2013, quando si vendettero 1,3 milioni di auto, più di un milione in meno del 2007. Un mercato quasi dimezzato in un periodo in cui lo spread non era più ai 570 punti del novembre 2011 ma aveva toccato comunque i 359 punti in occasione delle elezioni politiche. Segnali di una difficoltà a far ripartire l’economia, che solo dal 2014 avrebbe imboccato la china ascendente. I paragoni con il 2007 sono un po’ falsati perché quell’anno ci fu l’ultima grande operazione di incentivi alla rottamazione che portò il mercato italiano al record storico, 2,4 milioni di immatricolazioni. Serve comunque avere come riferimento quell’anno per capire che cosa è successo.
Il primo dato da considerare è quello delle case costruttrici. A partire dalla divisione tra costruttori nazionali ed esteri. In pratica tra Fca e resto del mondo. Nel 2007 i marchi del Lingotto rappresentavano il 31,4 per cento del mercato. Dieci anni dopo quella percentuale è scesa al 28,3 per cento. Un calo (dovuto anche alla scelta di Torino negli ultimi mesi di non sostenere la quota di vendita con i chilometri zero) che non modifica in modo sostanziale la struttura del mercato pre crisi: un terzo delle auto del costruttore domestico e due terzi a quelli stranieri. Se però si guarda oltre le tendenze macro, si scopre che in casa Fca i pesi dei marchi sono cambiati. Dieci anni fa si erano vendute 73 mila Alfa Romeo, 602 mila Fiat e 103 mila Lancia. C’erano anche, fuori dal perimetro del Lingotto (Fca non era ancora nata) 21 mila auto del gruppo Chrysler, Jeep compresa. I dati di oggi dicono che Lancia è stata ridimensionata a 60 mila pezzi, Fiat è scesa a 402 mila. Sono schizzate invece le vendite di Jeep a 49 mila pezzi ed è risalita Alfa Romeo a 45 mila ( era crollata a 28 mila unità nel 2014). I dati confermano la filosofia annunciata da Marchionne dopo la fusione con Chrysler: meno utilitarie e più auto premium. Cambiamenti importanti anche tra i costruttori stranieri. I tedeschi del gruppo Volkswagen, nonostante il Dieselgate, hanno conquistato quote e in dieci anni sono passati dal 10 al 12,8 per cento del mercato italiano. Ma negli ultimi mesi stanno perdendo il loro tradizionale secondo posto che presto potrebbe essere dei francesi del gruppo Psa: grazie all’acquisto di Opel hanno superato il 13 per cento.
Il cambiamento più significativo è quello dei motori ecologici. Nel 2007 i carburanti tradizionali ( benzina e diesel) rappresentavano il 96 per cento del mercato. Oggi sono scesi all’ 88. Sempre una parte maggioritaria, ma negli ultimi anni la quota dei carburanti alternativi è particolarmente cresciuta. Non tanto per gli effetti del Dieselgate, quanto invece per i provvedimenti di blocco del traffico nei centri storici. Una politica antinquinamento che in Italia ha spinto soprattutto la vendita di auto a gpl ( mentre il metano è in calo). Ultimamente è in notevole crescita anche il mercato dell’ibrido benzina- elettrico, salito del 72 per cento negli ultimi dodici mesi.
Passata la grande crisi non bisogna credere che la situazione sia tornata stabile. Anche il mercato dell’auto italiano, come gli altri, sarà presto investito dalla rivoluzione della guida autonoma. Più della propulsione totalmente elettrica, quella del “self drive” sarà la scommessa da vincere nel prossimo decennio.