Corriere della Sera, 3 gennaio 2018
I 30 anni di tuffi di Mister Ok
«Faccio concorrenza al Papa a Capodanno: a lui l’Angelus, a me i tuffi». Gioca con la fama conquistata Maurizio Palmulli, in arte «Mr Ok», ovvero l’uomo che sfida l’inverno e si tuffa nel Tevere. Ogni anno, puntuale, il 1 gennaio.
Nel 2018 il suo tradizionale volo d’angelo ha spento trenta candeline. Bagnino tra Ostia e Fregene, ma ormai attrazione internazionale dai ponti di mezzo mondo. Londra, Parigi, a Natale è toccato a Budapest: «Ammazza che freddo, non riuscivo a scongelare le mani!» scherza impavido il 65enne baywatch della Capitale, lui che fin da piccolo ha sempre cercato «qualcosa da cui buttarsi». Colpa del papà forse, per anni in Marina. «Si tuffava pure dagli incrociatori, una volta si insaccò e dovettero salvarlo», racconta con affetto Maurizio, che in pratica ha trascorso l’infanzia proprio nel suo amatissimo Tevere. Pelle cotta dal sole, faccia da boxeur alla Mickey Rourke, lunghi capelli biondi che ormai non può tagliare («è il mio personaggio, anche se ci mettono troppo ad asciugare»), Palmulli nuota nelle acque scure del fiume da quando aveva otto anni: «Partivamo dalla borgata di Acilia e giù fino alla foce a cercare cicoria sulle sponde, fu lì che incontrammo un uomo che pescava le cozze». Quel signore dallo strano accento era Rick De Sonay, italo-belga, l’originale «Mr Ok», che nel 1946 inaugurò l’usanza del tuffo di Capodanno. Cappello a cilindro in testa e il classico gesto con le dita appena riemerso a confortare gli spettatori. «Gli abbiamo dedicato una lapide nel cimitero di Ostia, ho voluto portare avanti la sua eredità» spiega così Maurizio il perché dei suoi salti dai 18 metri del Ponte Cavour. Lo fa per «il popolo di Roma, per sensibilizzare tutti alla cura del fiume, per lo spettacolo che diverte e ormai è un pezzo della Capitale»: tanto da essere inserito nelle guide turistiche e attirare migliaia di appassionati. Anche se gli inizi non furono semplici e se dopo trent’anni manca ancora qualcosa per il tuffo perfetto che lui continua a cercare.
Il primo volo non si scorda mai: 1 gennaio 1989, insieme ai saltatori esperti Spartaco Bandini e Aldo Corrieri. «Volevo guardarli tuffarsi per imparare, ma loro furono categorici: prima tu – ride Mr Ok —. Fu incredibile, il vento che spinge, la gente che ti acclama». All’epoca erano dei fuorilegge, era vietato tuffarsi, tanto che fioccarono multe da 25mila lire. Poi le condizioni in cui versa il Tevere hanno reso persino rischiosa la tradizione. «Ricordo la piena del 2005, era pieno di detriti, la polizia ci diffidò dal saltare, ovviamente non ci fermammo ma essere ripescati dalla corrente fu difficile», racconta il bagnino diventato un’icona di Roma, tanto da avere un cameo nel ritratto che il regista Paolo Sorrentino ha dedicato alla città, «La grande bellezza».
«Oggi fa male vedere il Tevere ridotto così, baraccopoli, rifiuti… per guida’ ‘sta città ce vole er core», sintetizza Maurizio rimproverando anche la sindaca Raggi, «assente al nostro spettacolo e non vi dico com’erano ridotte le sponde». Nessun sostegno istituzionale per il volo d’angelo più famoso d’Italia, solo un sindaco presenziò: «Gianni Alemanno, che mi nominò custode del fiume» dice Palmulli. Lui vorrebbe lasciare il rito di San Silvestro ai più giovani. «Ho avuto le mie soddisfazioni, sui set come comparsa ho conosciuto Alberto Sordi, ho allenato in piscina Raoul Bova, ho avuto una particina in Gomorra 2». E però «l’entusiasmo di quel tuffo non si batte – dice – le persone dopo vogliono toccarti. Sono diventato il portafortuna di Roma».