Corriere della Sera, 3 gennaio 2018
Le pensioni e la verità malcelata
Con l’accordo che esclude 15 categorie di lavoratori dall’innalzamento dell’età della pensione, il presidente del Consiglio ha fatto un piccolo miracolo. Ha mantenuto la pace sociale, e ha evitato il rischio che il Parlamento cancellasse quello scatto di età previsto per tutti fra un anno, ipotesi condivisa – in perfetto stile pre-elettorale – da una gran parte dei partiti. Il costo sarà modesto: qualche decina di milioni di euro nel 2019 e 300 milioni a regime. Cancellare lo scatto per tutti sarebbe invece costato 3 miliardi all’anno a cominciare dal 2019. Se poi, come talvolta ha chiesto la Cgil, non solo fosse stato cancellato il prossimo aumento dell’età della pensione, ma anche i successivi (di fatto congelando l’età della pensione al livello attuale) quei 3 miliardi l’anno sarebbero diventati, a regime, circa 16: con un onere cumulato che avrebbe raggiunto i 140 miliardi.
Il miracolo di Paolo Gentiloni potrebbe però aver vita breve. Sia la Lega sia i 5 Stelle chiedono che la legge Fornero venga cancellata. La Lega non spiega come farebbe a finanziare la maggior spesa che si creerebbe; il M5S dice che colmerebbe il buco tagliando le cosiddette «pensioni d’oro».
Facciamo qualche conto. I pensionati in Italia sono circa 16 milioni. Fra costoro quanti percepiscono un netto mensile superiore ai 5.060 euro sono trentamila e costano allo Stato 4 miliardi l’anno.
c ancellare del tutto le pensioni superiori ai 5.060 euro (un intervento evidentemente incostituzionale) coprirebbe solo per un anno il buco che si aprirebbe cancellando la norma della legge Fornero che lega l’età della pensione alla speranza di vita. Già dal 2020 quei risparmi non basterebbero più e bisognerebbe ridurre anche le pensioni nella fascia inferiore, cioè quelle oltre i 2.370 euro mensili netti: stiamo parlando di circa 670.000 pensionati che costano allo Stato 41 miliardi l’anno. Poiché il congelamento dell’età lavorativa, come detto, costerebbe a regime 16 miliardi, queste pensioni dovrebbero essere tagliate, a regime, in media del 40 per cento. Anche questo è un intervento che difficilmente sopravviverebbe a un ricorso alla Corte costituzionale, in quanto ridurrebbe la pensione molto al di sotto dei contributi versati.
Cancellare del tutto la legge Fornero costa molto di più. La Ragioneria generale dello Stato stima ( «Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario», agosto 2017, p. 76) che le norme introdotte da quella legge (tutte le norme, non solo l’aumento dell’età lavorativa: anche la de-indicizzazione delle pensioni, in vigore dal 2012 e che termina proprio oggi) avrebbero prodotto un risparmio di spesa per il 2019-20 pari a circa 25 miliardi l’anno lordi (cioè non tenendo conto delle imposte pagate dai pensionati). Per farvi fronte, il taglio da imporre alle pensioni superiori ai 2.370 euro mensili netti sarebbe del 60 per cento circa.
Non c’è quindi alternativa all’allungamento dell’età lavorativa. La retorica di Lega e 5 Stelle farebbe pensare che oggi si chieda agli italiani di lavorare troppo a lungo. I dati dicono una cosa diversa. L’età effettiva di pensionamento in Italia è più bassa che in Germania ed è nella media europea.
I dati relativi al 2014 mostrano che in Italia si va in pensione in media appena sopra ai 62 anni, mentre in Germania a 65 anni (Ocse, «Pensions at a glance», 2016). Questo è in parte dovuto al fatto che in Italia quarant’anni fa le persone cominciavano a lavorare, in media, molto giovani. E i fortunati cui sono sempre stati pagati i contributi, raggiungono il minimo (che oggi è di 42 anni e 10 mesi per gli uomini, e di 41 e 10 per le donne) relativamente presto.
Come in quasi tutti i Paesi, anche in Italia le pensioni degli anziani sono pagate dai contributi che versa chi lavora. L’allungamento della vita (nel nostro Paese la speranza di vita alla nascita era 82,8 anni nel 2015, sette mesi in più rispetto al 2013) significa che se si continua ad andare in pensione alla stessa età i contributi pagati da chi lavora dovranno aumentare.
Ma se crescono le tasse sul lavoro l’occupazione scende, perché alle imprese assicurare il medesimo salario netto costerebbe di più. Se i salari netti scendono gli italiani lavoreranno di meno, un effetto che colpirà soprattutto il secondo lavoratore della famiglia (di solito la donna) che deciderà di spostarsi dal mercato al lavoro domestico. Conclusione: l’offerta di lavoro scenderà e di conseguenza i contributi per chi continua a lavorare dovranno aumentare ancor di più per mantenere il totale invariato. (A meno che chi vuole andare in pensione prima non sfrutti il meccanismo dell’anticipo pensionistico volontario, APE, disponibile da quest’anno, accettando una pensione coerente con i contributi versati e quindi più bassa).
Ma allora perché 5 Stelle e Lega sono cosi ossessionati dalla legge Fornero? È evidente: l’Italia è un Paese che sta rapidamente invecchiando e quindi l’età media degli elettori sale. Per assicurarsi più voti, questi partiti promettono di proteggere i futuri pensionati, sostenuti in questo dai sindacati, un tempo dei lavoratori, oggi dei pensionati (nella Cgil i pensionati sono oltre il 52 per cento di tutti gli iscritti). E così il cerchio si chiude e i giovani ne rimangono fuori. Non a caso molti giovani sono indotti ad emigrare, con il risultato che l’età media degli italiani residenti cresce, generando un pericoloso circolo vizioso.
L’unico fattore che contribuisce a ridurre l’età media dei residenti sono gli immigrati regolari, per lo più giovani che, come ha osservato il presidente dell’Inps Tito Boeri, «versano ogni anno 8 miliardi di euro in contributi, ricevendone solo 3 in pensioni e altre prestazioni sociali: un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps».
I politici che vorrebbero abbassare l’età della pensione sono gli stessi che vorrebbero bloccare l’immigrazione. Come intendano finanziare tutto questo o non ce lo dicono o ci illudono con numeri senza senso. In una società in cui, per fortuna, l’aspettativa di vita si allunga, lavorare un po’ di più è inevitabile.