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 2018  gennaio 03 Mercoledì calendario

I tre compagni di scuola e di cinema ora puntano a Oscar e Golden Globes

Quando tutto è iniziato, nel 2005, il desiderio di fondo era «mescolare le discipline, spostando progetti e risorse dalla pubblicità al cinema e viceversa». Un esempio? Lo spot di Spike Lee con protagonista Gandhi. Oggi, all’alba del 2018, la Indiana Production, formata da Marco Cohen, Benedetto (detto Benny) Habib e Fabrizio Donvito (rispettivamente 54, 55 e 53 anni: «L’età la diciamo, il peso no») può annunciare alcune fra le novità cinematografiche più attese dell’anno, candidature importanti e programmi ambiziosi.
Eppure, al di là dei successi, ciò che del trio colpisce di più è il clima giocoso di collaborazione: «Dieci anni fa – racconta Cohen – ho incontrato a Los Angeles, insieme a Gabriele Muccino, il produttore storico di Will Smith. Mi raccontò che tutto era nato perchè lui e Smith erano stati compagni di scuola. A me è capitata lo stesso, ma con Benny Habib. La vita è davvero beffarda». Seguono risate e precisazioni: «Durante il boom della new economy – prosegue Cohen – la società di Benny è quasi fallita. Si trattava di un compagno di scuola, potevo continuare a vederlo piangere in macchina? Naturalmente no, il punto è che poi ha pianto Fabrizio, quando si è ritrovato in società con due rompiscatole come noi». Le prove le fornisce Habib: «Ora non lo fa più, ma prima, quando discutevamo senza essere d’accordo, Marco mi staccava di nascosto la spina del computer. Insopportabile. La verità e che oggi siamo felici e orgogliosi di tutto quello che in questi anni siamo riusciti a fare». Merito anche di un piccolo segreto: «Quando una cosa piace a Benny – scherzano Cohen e Donvito – vuol dire che sicuramente avrà successo».
Il traguardo più vicino è l’uscita (18 gennaio) del film di Paolo Virzì Ella e John – The leisure Seeker con Donald Sutherland in procinto di ricevere l’Oscar alla carriera e Helen Mirren candidata ai Golden Globes: «Il film – spiegano Cohen e Habib – dalla scelta del libro all’uscita nelle sale è il frutto di un processo durato quattro anni. Un’opera completamente italiana, venduta in tutto il mondo e girata in America, tra Florida e Georgia, dove c’è un fantastico sistema di tax-credit. Un’avventura, perché in America il cinema è governato da regole molto industriali e poco artigianali, il sistema è refrattario all’idea che qualcuno arrivi da fuori a fare quello che lì si fa da sempre. Avevamo capireparto italiani che ogni giorno dovevano combattere con gente che non voleva lavorare con loro. Forse ci ha aiutato il nostro Dna, l’abitudine a produrre all’estero pubblicità oltre che cinema e tv».
Sulla collaborazione con Sutherland, di cui si dice non sia un tipo semplicissimo, risponde Donvito: «Ha recitato in 160 film, ha capacità davanti a cui c’è solo da mettersi in ginocchio. Poi, certo, non è facile, non è uno che le manda a dire, un po’ ci si discute, ma lui e Mirren hanno girato anche con 50 gradi all’ombra, senza lamentarsi».
Il 1° febbraio arriverà nelle sale Sono tornato di Luca Miniero, remake del successo tedesco con protagonista un Hitler redivivo, qui rimpiazzato da Benito Mussolini: «L’idea – racconta Cohen – ci era venuta leggendo il libro da cui è tratto il film tedesco. Da ebreo mi aveva fatto un po’ impressione immaginare un personaggio come Hitler che riappare ai tempi nostri, un incubo troppo grande da sostenere. Poi abbiamo visto il trailer a Berlino e abbiamo pensato che per come – ahimè – è ora il nostro Paese, non solo “lui è tornato” ma forse non se ne è mai andato. Vediamo Sono tornato come un film per raffigurare l’Italia e gli italiani di oggi».
Un film, aggiunge Donvito, per «far sorridere, ma anche pensare, provando qualche brividino». Per Habib è la prova di una ricerca tesa a creare «qualcosa di diverso, un evento che possa raccogliere attenzione e anche polemiche, utilizzando il cinema non per raccontare il proprio ombelico, ma per suscitare attesa e interesse».