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 2017  dicembre 30 Sabato calendario

Oddo, il mister bifronte ha imparato a vincere

Il problema, ammesso che sia un problema, è che lui per i non-millennials è ancora e sempre il compagnone casinista della grande festa del 2006, quello che fa lo scalpo all’indiano Camoranesi in campo, che si concede discretamente sbronzo ai microfoni e alle tifose desiderose di complimentarsi e non solo. Massimo Oddo, nel libro illustrato che presenzia nella biblioteca della memoria, è questo qui, e chissà quanti risultati, quanti elogi dovrà riscuotere perché la sua immagine in giacca e cravatta, davanti a una panchina, si sovrapponga a quell’altra, o perlomeno la affianchi. 
Ci sta provando forte a Udine, dove tanto per cominciare ha già fatto serrare le labbra al Partito degli Scettici, che era una netta maggioranza nemmeno troppo silenziosa al momento del suo ingaggio. In cinque partite, un filotto di quattro successi consecutivi in campionato seguito al ko della prima, subìto nientemeno che dal Napoli capolista e nemmeno meritato, in verità: tutto ottimo e abbondante per cancellare anche le tracce di uno scomodo zero pendente sul suo score di tecnico, lo zero nella casella delle vittorie in serie A che ha resistito fino alla partita numero 25, quella citata col Napoli più 24 della stagione precedente con il “suo” Pescara, la squadra della sua città, lui profeta in patria nel primo anno e mezzo con tanto di promozione in serie A da enfant prodige della panca e quindi immaturo, quasi presuntuoso generale che accettava di combattere ad armi non pari, senza emendare le sue idee, contro le corazzate Potemkin delle metropoli. Due facce della stessa medaglia, tutto e il contrario di tutto dentro lo stesso personaggio, Oddo, nomen omen, con quel nome palindromo che si può leggere indifferentemente da sinistra a destra e viceversa, nato sotto il segno dei Gemelli griffato in contemporanea da intelligenza e leggerezza, capacità e gaudenza, carisma e disimpegno. 
Massimo Oddo, già da giocatore, ha trasmesso una sensazione di non totalmente espresso, di mezza incompiuta alla faccia di una Champions vinta da titolare col Milan, di un altro titolo mondiale (sempre coi rossoneri) da affiancare a quello tedesco, di un piede destro con pochi uguali anche nelle categorie teoricamente più accreditate di quella dei difensori, di cui lui faceva parte. Specialista tra i più implacabili nei rigori, era come e persino meglio di Totti quando al termine degli allenamenti azzurri, si faceva la punta al piede allenandosi nei calci da fermo. 
La gloria e la conseguente fama unghiata da ultra trentenne, abbinata alla simpatia e al bell’aspetto, lo hanno portato nel club del gossip pallonaro, con tanto di dichiarazione pubblica della first lady Rai, Paola Ferrari: nel frattempo, però, la parte “seria” di Oddo ha lavorato duro e bene, laureandosi in economia e management, rappresentando sindacalmente i calciatori, studiando da allenatore con orecchio e cuore orientati verso papà Francesco. Tutto per tracciare una strada, che ora è ripartita da Udine ed è passata già da San Siro, dove ha colpito e affondato l’Inter fino a quel momento imbattuta. Qualcuno già sussurra che in quel grande e conosciuto stadio, Massimo potrebbe tornare, se continua così. La sponda è quella del Milan, la panca quella del carissimo amico Gattuso. Che non potrebbe esimersi, come ai bei tempi andati, di tirargli qualche schiaffo vendicatore di terribili scherzi.