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 2018  gennaio 02 Martedì calendario

La rivoluzione illiberale

Il vincolo di mandato, e cioè l’obbligo dei parlamentari di rispondere del proprio operato al mandante, in genere il partito, è sparito dalle costituzioni occidentali da qualche secolo. In Europa resiste soltanto in Portogallo, e in Italia, come tutti sanno, era ricomparso giusto nel Ventennio fascista. Nello stato di diritto non esiste perché si presuppone che la libertà del parlamentare di ubbidire alla coscienza (sempre che ne abbia una), anziché a un capo (che ha sicuramente), sia a garanzia del cittadino contro l’autoritarismo. La reintroduzione del vincolo di mandato è caposaldo della campagna elettorale a cinque stelle: allarmante ma logico, visto che per i grillini tutto quello che è successo, è stato discusso, ragionato e scritto prima del 2010, o giù di lì, praticamente non esiste. È già più curioso l’accodarsi alla battaglia di Silvio Berlusconi, esasperato da tanti voltagabbana, o traditori, come li si chiama oggi. Nella legislatura in esaurimento, Berlusconi ha perso parlamentari quando ha lasciato il governo di Enrico Letta e quando ha mollato le riforme costituzionali concordate con Renzi. Ecco, davvero due begli esempi, perché non si è ben capito il motivo, in un caso e nell’altro. E cioè Berlusconi va e viene dal governo, va e viene dalle riforme, e il voltagabbana non è mai lui, sono per forza quelli che non lo seguono nel suo rigirare la schiena di qua e di là, secondo la convenienza del mattino, a cui ora vorrebbe sottometterli. E forse secondo la logica per cui fallita la rivoluzione liberale si passa a quella illiberale.