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 2018  gennaio 02 Martedì calendario

L’anno nero della Rai: la prima serata perde 410mila telespettatori

Meno 123.764 telespettatori al giorno per i canali generalisti Rai nel 2017 rispetto al 2016, che arrivano a meno 410.049 nella fascia di prima serata. Con Rai Uno che perde 25.543 spettatori nel giorno medio, Rai Due 73.346 e Rai Tre 24.746. Mentre in prima serata – la fascia più importante, quella che produce i maggiori introiti pubblicitari – Raiuno perde 44.143 spettatori, Raidue 187.933, Raitre 177.963.
Con questi dati di ascolti, elaborati dallo studio Frasi (società che analizza l’andamento dei media), si conclude un anno assai travagliato e non certo positivo per mamma Rai. Che, visti anche i flop di alcuni programmi di punta, come Domenica in delle sorelle Parodi e Che tempo che fa, già nei primi mesi del 2018 sarà costretta a ritoccare al ribasso il suo listino pubblicitario e a regalare spot compensativi agli inserzionisti.
Anche Mediaset perde telespettatori, ma meno della tv pubblica. E soprattutto non perde in pubblicità. Dodici mesi di fuoco durante i quali Viale Mazzini ha visto il cambio del direttore generale, le polemiche sul mega contratto milionario a Fabio Fazio, l’uscita di una giornalista di punta come Milena Gabanelli e, in ultimo, la perdita dei diritti sui prossimi mondiali di calcio e forse anche sulla Formula Uno. Motivo per il quale domani la redazione di Raisport incrocerà le braccia in segno di protesta, lasciando senza commento la partita di Coppa Italia Juventus-Torino.
Non solo mondiali, però: Raisport è in subbuglio da almeno un anno, da quando la redazione ha bocciato il piano editoriale del direttore Gabriele Romagnoli, uno dei pochissimi superstiti dei nominati dall’ex dg Antonio Campo Dall’Orto. Un anno, quello appena concluso, che ha segnato il fallimento del renzismo a Viale Mazzini. “Butteremo fuori i partiti dalla Rai. Sarà una tv basata solo sul merito”, le parole con cui il segretario del Pd accompagnò la nomina di Campo Dall’Orto e del nuovo Cda nell’agosto 2015.
Ecco, il 2017 è stato un po’ la fine del sogno, anticipata nel gennaio scorso dall’addio di Carlo Verdelli, dopo la bocciatura da parte del Cda del suo attesissimo piano editoriale. Da lì in avanti per Campo è stato uno stillicidio costellato da roventi polemiche con i consiglieri e un braccio di ferro sottotraccia, ma molto cruento, con la presidente Monica Maggioni. Ma la sua sopravvenuta debolezza è dovuta soprattutto alla sfiducia nei suoi confronti dello stesso Renzi, come ha dimostrato l’improvvisa ostilità dei consiglieri Pd (Guelfo Guelfi su tutti) che fino a quel punto l’avevano sostenuto senza riserve.
Il motivo per cui l’ex premier si sia disamorato del “suo” dg ancora non è chiaro: qualcuno parla di vendetta per un appoggio Rai al referendum del 4 dicembre 2016 ritenuto troppo blando; altri tirano in ballo la lentezza con cui Campo stava affrontando i nodi della tv pubblica; altri ancora una rottura nel rapporto personale. Ma tant’è: al suo posto, a giugno, dal Tg1 è arrivato Mario Orfeo. Che è un po’ il Gentiloni di Viale Mazzini: fare il meno possibile e non farsi notare, per evitare problemi al manovratore (il Pd) in vista del voto.
Purtroppo per lui prende subito due topiche clamorose. Da una parte concede un mega-contratto a Fabio Fazio (2 milioni e 240 mila euro a stagione per un totale di 8.960.000 euro per 4 anni, più 2.816.000 euro per i diritti del format e 12 milioni alla società Officina per la realizzazione del programma) che ha fatto storcere il naso a molti, anche a fronte del flop del programma, che viaggia al di sotto del 14% di share (previsione 18%). Dall’altra, perde Milena Gabanelli (assunta da Campo), che avrebbe dovuto rilanciare la Rai sul web con un nuovo grande portale d’informazione e invece si ritrova al centro di veti incrociati che le ostacolano anche il ritorno in tv in una striscia quotidiana dopo il Tg1. Con le urne in vista, meglio evitare.
La sostituzione dei tre direttori di rete, tra cui quello di Daria Bignardi, cancella le ultime tracce di Campo Dall’Orto a Viale Mazzini (Romagnoli a parte). Ciliegina sulla torta di un annus horribilis, la perdita (nei confronti di Mediaset) dei diritti sui Mondiali di Russia e forse anche della Formula Uno. Il 2018, almeno all’inizio, non si prevede migliore, perché a Viale Mazzini si è già entrati nella fase pre elettorale: tutto fermo, paralizzato, in attesa dell’esito del voto e del nuovo padrone del vapore. Ferme soprattutto le scelte strategiche importanti, a partire dal piano informazione, di cui ormai non parla più nessuno: difficile che, dopo una melina durata mesi, un vertice in scadenza il prossimo luglio decida di mettere mano al capitolo più delicato della tv pubblica. E il grande dilemma è proprio come tornare a esercitare a pieno il ruolo di servizio pubblico. Perché, oltre a perdere ascolti nei confronti di Mediaset, la Rai ha ceduto in centralità. Così, quando un politico vuole dire qualcosa, va a La7, da Lilli Gruber (vedi Boschi) o da Giovanni Floris (vedi Renzi).