la Repubblica, 31 dicembre 2017
L’amaca
Le cosiddette “baby gang” (ma non si potrebbe chiamarli, per rispetto della lingua italiana, giovani mascalzoni?
Così che se ne capisca meglio la banale funzione criminale, un po’ come se la smettessimo di chiamare “killer” dei volgari assassini) hanno ri-rubato l’albero di Natale di Napoli centro, in galleria Umberto, già segato, portato come un trofeo nei vicoli, ritrovato, rimesso al suo posto, trafugato di nuovo, con un tira e molla umiliante e inutile, che vede un paio di mariuoli in scooter farsi beffe del cosiddetto Stato.Se quello di Roma si chiama Spelacchio, questo dovrebbe chiamarsi Sputacchio, per dire dello sfregio sistematico di pochi contro tutti, di una ghenga di ragazzini contro una municipalità intera. Sputacchiata non è solo la legge, è proprio l’idea che possa esistere qualcosa di pubblico, qualcosa che è intoccabile non perché è di qualcuno, ma perché appartiene a tutti. Il concetto stesso di pubblico (che è anche matrice dell’idea di legge, di regole uguali per tutti) è il nemico numero uno dei prepotenti e dei mafiosi di ogni età. Diceva il grande napoletano Ermanno Rea che se le strisce pedonali di Napoli fossero tutte rifatte a regola d’arte, la camorra sarebbe sconfitta.A quel paradosso virtuoso aggiungiamone un secondo: la camorra sarebbe in ginocchio se Napoli riuscisse a non farsi fregare il suo albero di Natale.Chissà, nel 2018… Buon anno quasi a tutti.