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 2017  dicembre 31 Domenica calendario

Evoluzione Guardiola, le cinque strade dei gol del City

Poi dicono che i numeri sono freddi: 13 punti di vantaggio con una partita in meno, 18 partite consecutive vinte, se vince oggi con il Crystal Palace eguaglia il record del Bayern del 2014 (sempre Guardiola era), una media di 3,05 gol a partita, una riduzione drastica degli errori tecnici (sotto l’1% quelli “letali” dei difensori ammesso che si possa chiamare difensore Otamendi che ha segnato 4 gol e gioca come il De Rossi di qualche anno fa). È quando si guarda nelle case degli altri che ci si rende conto di cosa stiamo parlando, di cosa nasconda la matematica, che come la poesia è frutto di intuizioni e immaginazione, e di cosa sia l’attuale Manchester City, chiave d’accesso privilegiata (eppure aperta a tutti) per il mondo della bellezza applicata al calcio. Dopo essere stato travolto Wenger disse: «Trovatemi qualcuno che riesca a fermarli». Quando gli venne chiesto di presentare United-City, Cantona espresse un concetto chiaro: «Il mio cuore è dello United, ma il City me lo fa venire duro». Cercando di spronare i suoi prima di quel match, Mourinho fece una battuta involontaria: «Il difetto del City? Sono un po’ instabili, basta un refolo di vento e vanno giù». Sapeva bene che la realtà diceva l’esatto contrario ma non poteva ammetterlo. Guardiola è un maestro. È giovane ma può già guardarsi indietro e ammirare il percorso fatto. E da maestro sa che la peggiore delle seduzioni è quella che invoglia a fermarsi. Lui non lo fa. Il City di questa stagione è la somma di scarti e aggiunte, nonché l’effetto dell’umiltà con cui Pep affrontò la Premier: «Mi insegnerà molto». Pep ha cambiato l’intera batteria degli esterni bassi (via Sagna, Clichy, Zabaleta e Kolarov), alterna i due centravanti, pratica il 4-1-4-1 e può permettersi Gundogan in panchina. Nei numeri c’è la verità, nella lirica del campo la loro applicazione. L’ibridazione del modello Barcellona ha consentito un aggiornamento mirato della filosofia della Masia, fatta già di ingredienti magici a cominciare dal famoso adagio: «Voglio che Xavi, Iniesta e Messi giochino ancora con la gioia di quand’erano bambini». E il tiqui-taca non c’entra niente: «Neppure io l’ho mai amato, troppo estetizzante».
Per “this kind of City” ci volevano comunque altri elementi. Segnano in 5 modi diversi. Delle 61 reti realizzate in Premier, 14 sono arrivate alla “Pep way”, ossia con il flipper che apre voragini dall’altra parte del campo dopo aver provocato densità forzate, 5 con l’uno-due al limite dell’area, 12 dopo aver rubato palla sulla trequarti oin contropiede, 7 con gli assist a tagliare la difesa per l’attaccante, 11 grazie a colpi individuali (escluse le palle inattive). Il City fa tutto meglio e più delle altre. Le novità sono il lancio lungo, anche del portiere Ederson, il perenne movimento senza palla, la velocità palla al piede (Sane e Sterling sono più rapidi di Pedro e Iniesta) e il tempo concesso per il recupero della stessa. È qui il segreto, qui che fisico e intelletto si fondono, qui che si capisce come il collante del progetto sia la consapevolezza collettiva. Una volta Guardiola aveva fissato a 6 i secondi disponibili per rubare palla e cambiare il destino di una partita.
Ora se guardate bene il tempo si è dimezzato. In tre secondi e anche meno il City sporca tutti i palloni appena persi, il riprende e riparte quasi sempre in superiorità numerica. I passaggi sono tantissimi, ma di sostanza diversa.
In Premier il City ha effettuato 14.593 passaggi, 729,26 a partita, con un’accuratezza che sfiora (come in Champions) l’89%. Il più vicino è lo United con 497 passaggi a partita. Un baratro. E sono possessi che stritolano: agli avversari restano 8 minuti per attaccare. Ultimo, mistico innesto, il fattore K: Kevin De Bruyne. «È secondo solo a Messi», dice Pep. Il belga è un personaggio totale. Fa la differenza in ogni zona del campo, toglie palla e desideri a chi ha davanti, crea, segna: quel che mancava, perché non sembrava così importante, al Barcellona.
Con la sola presenza De Bruyne fa superiorità numerica. Un lusso pazzesco per una concretezza/ bellezza che fa esclamare: wow!