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 2017  dicembre 30 Sabato calendario

La seduzione del PowerPoint. Breve storia di un fenomeno

Ha cambiato il modo di tenere lezioni e conferenze, di condurre riunioni e abbozzare strategie militari. È entrato nel gruppo di quei marchi come Kleenex e Scotch che identificano con il proprio nome un’intera attività: «Fare un PowerPoint» è diventato sinonimo di «fare una presentazione».
Microsoft, il gigante fondato da Bill Gates che oggi lo produce, giura che nel mondo ci sono 1,2 miliardi di copie del software, una ogni sette esseri umani.
Il PowerPoint ha cambiato il modo di parlare, di guardare e quindi di pensare. Dice Ian Parker del New Yorker: fare una presentazione senza PowerPoint, oggi, «sarebbe come presentarsi senza scarpe».
Quel programma rappresenta «un editing delle nostre idee e formatta i nostri pensieri». Grazie ai formati prestabiliti. Le versioni attuali ne offrono centinaia: per presentare rendimenti trimestrali, vacanze e candidature sportive. O per «comunicare cattive notizie».
E nei formati Power Point viaggiano performance di governo: come dimenticare le slide di Matteo Renzi?
Gli elenchi puntati e le rapide sequenze di slide danno sollievo a chi presenta: consentendogli di spezzettare un problema in una serie di elementi specifici, suggerendo attraverso le liste gerarchie e nessi causali anche laddove non ci sono. E spingendo il “presentatore” a focalizzare le sue conclusioni in forma di slogan. Il PowerPoint viene da lontano. Il progenitore è la lavagna luminosa. È negli anni Quaranta che essa viene utilizzata in ambito militare. La polizia americana la usa invece per mostrare i volti dei ricercati.
Nei decenni successivi le lavagne luminose e i relativi “lucidi” si diffondono nelle scuole e nelle aziende. L’alternativa per chi vuole accompagnare la propria presentazione con un supporto visivo sono le diapositive: viene da qui l’introduzione del termine slide. È un passaggio determinante: perché da questo momento in poi realizzare una presentazione significa (anche) dover dipendere da altri che ne curano grafica e stampa.
È all’inizio degli anni Ottanta che la storia delle presentazioni incrocia quella dei computer.
Nel 1981 Whitfield Diffie, pioniere della crittografia, è uno dei cervelloni che lavorano alla Bell-Northern Research. Ed è lui il primo a realizzare un programma che permette di organizzare il testo in una sequenza di lucidi: ottenendo, così, una “storyboard”. Diffie non intuisce però le potenzialità del programma.
Tocca a un collega, Bob Gaskins, notare che tanti altri, nello stesso ufficio, hanno incominciato a utilizzare il metodo di Diffie. È Gaskins a vedere in quell’idea l’opportunità di andare incontro alle aspettative di nuovi prodotti aperte dall’avvento di Apple Macintosh e Windows. È il 1984.
Gaskins lascia la Bell-Northern e comincia a lavorare a un programma che permetta di creare una sequenza di slides.
Inizialmente chiamato Presenter, viene ribattezzato con il nome PowerPoint. La prima versione, in bianco e nero e o per Macintosh, è messa in vendita nel 1987.
Ma i pc portatili e i proiettori sono ancora di là da venire e le presentazioni dovevano quindi essere stampate su lucido.Forse anche per questo Bill Gates resta inizialmente scettico: «È solo una funzione di Microsoft Word, mettetela dentro Word».
Ma è la distrazione di un attimo.
È il 1990 quando viene lanciata la prima versione per Windows: ed è proprio l’integrazione nel pacchetto Office di Microsoft che fa entrare PowerPoint nei computer di tutto il mondo.
Il resto è cronaca: anzi storia.
A cominciare dalla prima presentazione in cui si immagina che Cristoforo Colombo offre un business plan in PowerPoint alla Regina Isabella per convincerla a finanziare la sua impresa.
Tristemente celebre è invece quella in 45 slide dell’allora Segretario di Stato americano Colin Powell che al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2003, difende le ragioni per l’invasione dell’Iraq.
Come tutte le innovazioni anche PowerPoint ha i suoi nemici. Molte aziende hanno tentato di ridurre o perfino vietarne l’utilizzo: la Sun Microsystems ci ha provato nel 1997. E nemico dichiarato dell’abuso è il fondatore di Amazon Jeff Bezos. Nel 2006, un manager di Citigroup ha stimato in 47 milioni di dollari il costo del tempo impiegato a preparare presentazioni di dubbia utilità.
Più radicali sono le critiche di Edward Tufte, “il Leonardo da Vinci dei dati” secondo il New York Times, che ritiene che l’uso di PowerPoint, con la sua enfasi sul formato più che sul contenuto, possa condurre a conclusioni fuorvianti.
L’esempio è quello della commissione d’inchiesta sul disastro dello Space Shuttle Columbia nel 2003. Dove risultò che l’abitudine degli ingegneri della Nasa di sostituire ai rapporti tecnici presentazioni PowerPoint aveva portato a sottovalutare alcuni rischi. Per non parlare dello scetticismo di troppi militari.
Categorico è stato il giudizio, nel 2010, del generale James “Cane Matto” Mattis, che sentenziò: «PowerPoint ci rende stupidi». Da allora è diventato il segretario alla Difesa di Donald Trump.