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 2017  dicembre 31 Domenica calendario

Teheran, le piazze contrapposte

Le manifestazioni sono iniziate il 28 dicembre, nella grande città di Mashad, importante centro sciita. Si dice che la «miccia» sia stata un improvviso aumento del 50% dei prezzi delle uova e della carne di pollo, ma gli slogan si sono presto fatti politici: contro la disoccupazione, contro le guerre per procura in Siria e in Yemen in cui Teheran dilapida risorse da anni; contro l’intero regime politico, inclusi la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente moderato Hassan Rouhani. E alla fine della giornata di ieri alcuni video diffusi sui social network mostravano due corpi per strada coperti di sangue, forse morti, nella città di Dorud, mentre altre fonti non verificate arrivavano addirittura a contare sei morti in tutto il Paese.
Rieletto a maggio per un secondo mandato, Rouhani aveva visto allora i suoi sostenitori scendere in piazza di ben altro umore, tra sorrisi e canti di vittoria, con braccialetti verdi e viola ai polsi. Ma la frustrazione per un’economia che, due anni dopo l’accordo sul nucleare e la fine delle sanzioni, stenta ancora decollare cresce da tempo anche tra coloro che l’hanno votato. La gente è stanca anche di moderati e riformisti e scende in piazza per proclamare che, alla fine dei conti, anche loro sono una parte del regime. Mentre i media di Stato iraniani accusano le tv e i siti stranieri di usare le legittime preoccupazioni economiche per spingere gli iraniani ad «azioni illegali» contro il regime, il presidente Usa Donald Trump ha chiesto via Twitter alla Repubblica Islamica di rispettare la libertà di espressione dei cittadini: «Il mondo vi sta guardando!». Ma il suo intervento difficilmente riscuoterà consensi tra gli iraniani, consapevoli che parte dei problemi economici del loro Paese sono legati alle sanzioni bancarie americane, ancora in vigore.
Nei giorni scorsi il vicepresidente Jahangiri, ha detto apertamente che le proteste sarebbero state fomentate dai conservatori, a suo dire responsabili di aizzare il popolo contro il governo: non è stato dimostrato che sia vero, ma quel che è certo è che le proteste – anche con l’aiuto di social media come Telegram – si sono rapidamente estese in tutto l’Iran, e hanno immediatamente presto di mira gli stessi conservatori. L’immagine di Khamenei è stata data a fuoco ieri a Teheran, nonostante i suoi sostenitori siano scesi a migliaia nelle piazze della capitale e in 1200 altre città (così proclamavano i media di Stato) in una manifestazione da tempo prevista dagli per «festeggiare» l’anniversario della repressione dell’Onda Verde nel 2009. 
I loro canti a favore di Khamenei e antiriformisti suonavano però assai poco spontanei rispetto alle proteste di tanta gente non politicamente impegnata che ha marciato in centri grandi e piccoli
«Morte a Khamenei» e «Morte a Rouhani»: slogan di un movimento senza leader, non puramente elettorale ma profondamente secolare, che non attacca «una parte» del regime, ma l’intero «sistema». Molti dicono che era dal 2009 che non si vedeva una cosa simile nel Paese. Ma di fatto l’Onda verde che allora si oppose alla rielezione del presidente conservatore Mahmoud Ahmadinejad (accusato di brogli) era guidata da due leader riformisti. Oggi invece nelle centinaia di video diffusi online non vengono menzionati mai i nomi di Mousavi e Karroubi, quei due leader riformisti tuttora agli arresti domiciliari. Gli slogan contro i mullah sono stati gridati con sorpresa di alcuni anche in città religiose come Qom, Mashad, Najafabad.