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 2017  dicembre 29 Venerdì calendario

L’uomo che comprava le portaerei per sbaglio

Achille Campanile è morto nel 1976 e l’anno scorso l’anniversario è passato quasi sotto silenzio. Un silenzio colpevole perché lo scrittore romano è stato un umorista geniale e originale, capace di giocare come pochi con l’assurdo e il grottesco, il paradossale e il surreale, e di far proliferare le bizzarrie del nonsenso dalla «normalità». Perché è la normalità ad essere bizzarra se viene stravolta con irriverenza, chiamando il lettore alla complicità. Dunque lasciando al burattinaio il diritto di muovere le sue marionette come gli pare. Ecco un esempio: «Il prof. De Sanguis si chiamava, come è facile indovinare dal nome, De Sanguis. Per chi desideri particolari aggiungerò che egli era anche soprannominato De Sanguis. Quindi il modo più originale di chiamarlo sarebbe stato De Sanguis detto De Sanguis. Direte: perché soprannominato De Sanguis se realmente si chiama così? È una cosa che nessuno riuscì mai a spiegarsi. Si suppone che i maligni abbiano voluto affibbiargli un nomignolo identico al suo vero nome per evitare che egli scoprisse d’esser chiamato con un soprannome. E ci riuscirono. In realtà egli non lo sospettò mai. Quando sentiva chiamarsi De Sanguis, era convinto d’esser chiamato col suo vero nome ed era le mille miglia lontano dal supporre che in quel momento veniva usato il De Sanguis soprannome e non il De Sanguis vero nome, mentre alle sue spalle i maligni sghignazzavano». Il seguito della storiella - Il suonatore di flauto segreto – lo trovate in una raccolta di scritti inediti e dispersi proposta da Aragno (Grazie, arcavolo!, a cura di Silvio Moretti e Angelo Cannatà, pp. 199, euro 15). I testi- appunti, veline, ritagli di giornale ecc.- documentano soprattutto l’attività del Campanile giornalista, frutto della collaborazione alla Gazzetta del Popolo, a partire dagli anni Trenta, quando lo scrittore è nel pieno della suo fervore creativo, e poi al Settebello, al Corriere d’informazione, alla Nuova Antologia. Ora, se è vero che per scoprire o riscoprire a pieno gli estri e le effervescenze di Campanile (di rango non inferiore a quelle del celebratissimo Eugene Ionesco), è necessario attingere soprattutto alla sua imponente produzione di opere teatrali, racconti, romanzi, farse, «tragedie in due atti» ecc., è indubbio che questo ricco materiale antologico serve ad attizzare la curiosità. Tenendo conto di una cosa: Campanile fa ridere chi sta al gioco, chi è - o si pone - sulla sua stessa lunghezza d’onda. Qualcun altro può sentirsi preso in giro. Addirittura irritarsi. Peggio per lui. Achille è stravagante, diciamo così, per “costituzione”. Cioè da sempre. E lo dice: «Appena venuto al mondo mi guardai intorno con curiosità e tacqui come se pensassi. Ma per parecchio tempo non pronunziai sillaba, tanto che in casa temevano che fossi muto. Non piangevo nemmeno e dovevano darmi sculaccioni ordinati dal medico per rafforzare le corde vocali… Una sera fui portato alla finestra in braccio alla balia. Era una sera estiva di festa nazionale e la casa affacciava su una grande piazza tutta illuminata per l’occasione…La folla in abiti chiari circolava lentamente, sorbiva gelati, conversava a braccetto, le mani nelle mani, in un brusio dolce e sonoro. Io, che dalla nascita non avevo ancora fatto udire la mia voce, aprii la bocca e imprevedutamente feci: “Bè!”. Un “bè” che fece esplodere in casa una vera rivoluzione. “Ha parlato; ha parlato!”, si gridava al colmo dell’allegrezza; e tutti accorrevano dalle varie stanze, manco avessi fatto chi sa che discorso». Un familiare, domestico trionfo piccolo-borghese. Ed è proprio il mondo piccolo-borghese (tic, tabù, manie, pregiudizi, sogni, miserie, vanità e assurdità varie) quello che Campanile racconta in un dispendio di invenzioni e caricature dove c’è posto tra l’altro per una moglie che acquista una portaerei, per le ultime volontà di un aspirante suicida (che, alla fine, non si ammazzerà), per una brava sposa che rincasa eccitatissima dopo aver comprato una portaerei, per una coppia di vecchietti che si sono sposati, diciamo così, per sbaglio, e vogliono tornare sui loro passi, per manie collettive “all’americana” come quella del bar in casa, per conferenzieri che discettano di topi, di atomiche, di musica lirica ecc. Da non dimenticare gli incipit fulminanti: «Gastone Barilla era detto l’Incomparabile, non perché nessuno potesse a lui compararsi per una sua qualche qualità fisica o morale che niun altri possedesse, ma unicamente perché non fu mai possibile indurlo a far da compare, o padrino, ad alcuno. Non compare di battesimo, o di cresima, né compare d’anello». E lui lasciava dire. Tanto, poi, c’era Campanile a scriverne le gesta.