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 2017  dicembre 31 Domenica calendario

Ciao 2017, anno non troppo malvagio

Ultima puntata dell’anno, e solito esercizio di previsioni sul 2018.  

Ma ci azzeccano queste previsioni, oppure no? Per esempio, le profezie di un anno fa come risultano alla verifica dei fatti veramente accaduti nel corso del 2017?
Sono andato a vedere e mi pare che, tra tutti quanti, non ne abbiamo sbagliato troppe. Anche perché Trump ha effettivamente fatto parecchie delle cose che aveva promesso e che i commentatori avevano messo nel conto, sia pure con una certa dose di incredulità. Per esempio il taglio delle tasse e la mano quasi libera lasciata a Putin in Siria. Anche il rafforzamento del dollaro, conseguenza del previsto innalzamento dei tassi da parte della Yellen, era stato preventivato. Forse ci si aspettava un indebolinento dell’euro, che invece non c’è stato grazie alla ripresa generale europea di cui abbiamo beneficiato anche noi. L’euro chiuse a 1,0385 sul dollaro il 3 gennaio 2017 e sta adesso di pochissimo sotto l’1.20. Idem per il vero e proprio il boom di Borsa che nessuno aveva immaginato un anno fa: +40% in Europa, +13,6% a Milano, con un incremento impressionante di aziende che si sono quotate. In Cina più di 400 gruppi, negli Stati Uniti 1.300 per 49 miliardi di dollari, il doppio della somma raccolta nel 2016. Non si tratta solo del buon andamento dell’economia. La Fed, la Bce e la banca centrale giapponese hanno inondato il mondo di liquidità. La crescita cinese ha poi stimolato tutti quanti.  

E il petrolio?
Gli attentati in Libia hanno spinto il brent fino al limite dei 66 dollari al barile. Lo scorso dicembre si sperava che il prezzo risalisse almeno fino a 60 dollari. Forse la deflazione alla fine è stata sconfitta, come suggeriscono anche i rincari annunciati ieri. Ci si interrogava intorno alle complicazioni dell’alleanza tra sauditi e americani, insieme su parecchi fronti, ma concorrenti per il greggio. Direi che la questione non è troppo chiara nemmeno adesso. La sconfitta dell’Isis e la fuga nei deserti del Sahel dei terroristi era stata messa nel conto, non avevamo invece chiaro l’aumento di tensione tra sciiti e sunniti e la guerra per procura (combattuta anche in Yemen) tra Teheran e Riad. Impossibile immaginare la rivoluzione che in Arabia sta realizzando il principe Mohammed bin Salman, quello che ha rinchiuso 208 sceicchi nel Ritz Carlton di Riad e vuole in totale cento miliardi per liberarli.  

Macron? La Merkel?
Qui ci abbiamo preso poco. Di Macron non avevamo la minima idea. Davamo la Merkel vincente, ma non alla maniera del Bersani 2013. In Germania s’è votato a settembre e sono ancora in ballo per la formazione del governo.  

Veniamo a noi.
Il referendum di Renzi si tenne il 4 dicembre, a ridosso cioè della fine dell’anno. Per capire quello che sarebbe successo ci mancava un elemento essenziale: come avrebbe sentenziato la corte costituzionale sul Porcellum? Era chiaro che Renzi voleva votare al più presto e che Mattarella era contrario. Era già chiaro il grigiore di Gentiloni e avevamo già la sensazione che questo grigiore, venuto dopo i fracassi di Renzi (a sua volta erede, in termini di rodomontate televisive, del vecchio Berlusconi), poteva riscuotere le simpatie generali. Gli ultimi sondaggi dànno il Pd di Renzi sotto il 23% e il centro-destra vincente. Ci hanno sorpreso fino a un certo punto la nuova legge elettorale, la sconfitta della sinistra alle amministrative, la scissione nel Pd. Eravamo lontanissimi dal suppore l’evoluzione che avrebbe avuto la questione dei migranti, cioè la novità rappresentata dal ministro Minniti, forse la più rilevante, con lo stesso Gentiloni, dell’anno che si conclude stanotte.  

Stiamo meglio o stiamo peggio di un anno fa?
Le rispondo con l’analisi di un signore super partes, Carlo Cottarelli, incaricato a un certo punto di tagliare i nostri sprechi e poi allontanato da Renzi. «Cinque anni fa eravamo nel mezzo di una profonda crisi. Nel 2012 il Pil scendeva di quasi il 3 per cento, la disoccupazione era in crescita (avrebbe superato l’anno dopo il 12 per cento), i nostri conti con l’estero (la differenza tra esportazioni e importazioni di beni e servizi) erano ancora in rosso e il debito pubblico era in rapida crescita, nonostante le manovre di correzione dei governi Berlusconi e Monti. Lo spread rispetto alla Germania era a metà anno intorno ai 500 punti base. Oggi il Pil sta crescendo a un tasso di almeno l’1 e mezzo per cento, il tasso di disoccupazione, seppur ancora alto, è in discesa e ci sono 400.000 posti di lavoro in più rispetto al 2012 (800.000 rispetto al minimo del 2013), abbiamo un surplus nei nostri conti con l’estero del 2-3 per cento del Pil, e il debito pubblico, sempre in rapporto al Pil, ha smesso di crescere. Lo spread è intorno a 150 punti base. Stiamo decisamente meglio». Se vuole avere un’idea di cos’è stato il 2017, comunque, le annuncio che dal 4 gennaio, insieme con Gazzetta, si potrà acquistare il volume che raccoglie le puntate del “Fatto del Giorno” di quest’anno. Auguri a tutti.