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 2017  dicembre 30 Sabato calendario

Travaglio sciolto nell’acido dalla dittatura buonista

Travaglio ha scritto «legislatura da sciogliere nell’acido» e in precedenza aveva usato l’espressione «mongoloidi». E la polizia del linguaggio l’ha rampognato due volte in poco tempo, cosa che colpisce perché si tratta di rimproveri ben diversi da quelli che, per esempio, gli abbiamo rivolto noi per una quindicina d’anni. Premettiamo che Travaglio è un personaggio mediaticamente esposto e che perciò le stesse rampogne le avrebbero potute indirizzare ad altri: ma va detto che il politicamente corretto in passato aveva annoverato i Travaglio tra le specie da proteggere, e colpisce anche questo, cioè che il virus che sta ingessando il nostro modo di parlare e scrivere, ormai, non risparmia nessuno. L’esempio più recente, dicevamo, riguarda un editoriale secondo il quale la legislatura sta per essere sciolta “si spera nell’acido”, ha scritto Travaglio. È intervenuta Lucia Annibali, coraggiosa donna di Urbino sfigurata dall’ex fidanzato appunto con l’acido, e ha risposto via twitter: “Chi, come me, ha conosciuto gli effetti dell’acido, per sua sfortuna, si augura che questo non debba mai accadere a nessuno, nemmeno per scherzo”. Il che è bastato perché centinaia di censori internettiani (subito amplificati dai media: il punto è sempre questo) alzassero il ditino per giudicare indelicata e inopportuna un’uscita del genere. C’è chi ha ritirato fuori il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia che infine fu sciolto nell’acido, e insomma, pare che neanche la parola “acido” si debba più usarla se non parlando del limone, dello stomaco, dell’acido ialuronico per riempire le rughe o di quello solforico per sturare i tubi. Qualche politico si è precipitato a solidarizzare con Lucia Annibali, naturalmente. E Travaglio si è dovuto (voluto) abbassare a precisare l’ovvio, cioè che il suo augurio di scioglimento era “semiserio”: come se fosse stato possibile il contrario. Però ha aggiunto questo: «Non sapevo che anche la parola acido fosse stata proibita dall’inquisizione del politicamente corretto». Ecco, non lo sapevamo neanche noi, anzi, non lo sapeva nessuno, perché il vocabolario cambia e si addensa giorno per giorno, non facendo peraltro capire quanto siano trasversali i poliziotti del linguaggio e, per esempio, quali partiti votino, o quali giornali leggano: a parte Repubblica, ovviamente, che al vertice delle campagne cretine non manca mai. Ecco, prima parentesi: “cretine” si può scrivere? No, perché un cretino in teoria è un affetto da cretinismo, brutta malattia che potrebbe far soffrire i genitori di qualche cretino patologico. Non è una battuta: in passato, sullo scrivente, piovvero critiche per aver adottato l’estressione “cerebrolesi” a proposito di alcuni grillini. S’incazzò un sacco di gente e anche una onlus che si occupava di bambini cerebrolesi. Mentre a Travaglio, dicevamo, accadde qualcosa del genere il 20 settembre scorso, quando, rivolto al parlamentare Gianrico Carofiglio durante Otto e Mezzo su La7, parlando sarcasticamente dei grillini, disse «andate pure avanti a trattarli come mongoloidi». Posto che lo faremo sicuramente (la linea politica, sapete) s’incazzarono con Travaglio varie associazioni “non più disposte a tollerare un linguaggio che ferisce e offende le oltre 40.000 persone con sindrome di Down e loro familiari che vivono in Italia”, esigendo scuse e chiedendo l’intervento dell’ordine dei giornalisti. Il problema è che è una strada senza fine. Come per i cretini e i cerebrolesi, anche l’idiota in teoria è la vittima di una patologia che denota gravi deficit neurologici, e così vale per la stupidità, la scemenza, l’imbecillità e la deficienza. Ma a parte la difficoltà di definire politicamente i grillini, appunto, quante volte diciamo “sordo” e “cieco” a chi non lo è? Chi non ha mai detto, magari da bambino, “handicappato”, “spastico” o “paralitico” a qualcuno? Centinaia di associazioni già scalpitano, e fanno bene, perché nel linguaggio comune, creato per individuare delle differenze, sarà sempre più facile individuare una discriminazione proprio nelle differenze. Anche sulla questione dei “mogoloidi” Travaglio ha cercato pacatamente di replicare: «Intendevo far notare che si stava trattando assurdamente 8 milioni e rotti di elettori dei 5Stelle come altrettanti handicappati mentali che votano senza sapere quello che fanno». Ebbene, la spiegazione per qualcuno è stata peggiore dell’offesa. Nella pagina di un’associazione si è letto: “Ma Lei lo sa, Signor Travaglio, che le persone con sindrome di Down votano?”. E qui si torna al discorso dei grillini ma, soprattutto, alla necessità di difendere Travaglio. Anche perché noi, a suo tempo, si criticava Travaglio per un’altra cosa: e su quella non abbiamo cambiato idea. Travaglio ha coniato nomignoli per tutti, e molti facevano riferimento a vere caratteristiche o difetti fisici: di Giuliano Ferrara scriveva “donna cannone”, “donna barbuta”, “Platinette barbuto”, il suo ex amico Mario Giordano lo definiva “la vocina del padrone”, in sostanza si accodava a quel Grillo che chiamava Berlusconi “psiconano” o “nano bavoso”, e Romano Prodi cordialmente lo definiva “Alzheimer”. Poi vabbeh, oggi Travaglio è invecchiato e si offende perché Renzi chiama il suo giornale Falso Quotidiano. Ma non è un’offesa, dài, è solo un lapsus.