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 2017  dicembre 30 Sabato calendario

Storia del processo a Mata Hari, la Salomè che non sapeva spiare

Il castello di Vincennes, a pochi chilometri da Parigi, è una struttura cupa e solenne: destinata a residenza reale, divenne una prigione, e ospitò detenuti importanti, da Mirabeau a De Sade. Ma il suo angolo più famoso è forse il fossato, dove una colonna ricorda con un hic cecidit( qui cadde!) l’esecuzione del duca di Enghien, fatto rapire e fucilare da Napoleone. Intere generazioni di monarchici vi si recarono in riverente pellegrinaggio per tutto l’Ottocento. Finché furono sostituiti da altri curiosi, per lo più gruppi di turisti, pilotati a contemplare il sito in cui, un secolo dopo, fu giustiziata la più celebre spia del secolo: Margaretha Geertruida Zelle, in arte Mata Hari.
Era nata il 17 Agosto 1876 a Leeuwarden, figlia di un commerciante olandese che dopo un rovinoso fallimento la spedì in collegio, dove (pare) ebbe una storia con un insegnante. Espulsa, la ragazza si cercò marito, e lo trovò con un’inserzione: un espediente che, ancor oggi, si rivela di efficacia incerta e di rischio non calcolato. Lo sposo era un ufficiale di carriera, destinato alle Indie Orientali. La vita di guarnigione annoiò e sfiancò entrambi, lei era insoddisfatta, lui alcolizzato e violento. Tornati in Europa, i due divorziarono. Dopo una parentesi all’Aja, nel 1903 Geertruida approdò a Parigi.PRUDENTE
Si avvicinava alla trentina, un’età che a quel tempo consigliava una prudente sistemazione casalinga più che un’avventurosa incursione nel gran mondo: tra l’altro non era di bellezza straordinaria, nemmeno paragonabile alla sensuale purezza di Cléo de Merode o all’ambigua alterigia di Isadora Duncan. Tuttavia aveva imparato quelle arti esotiche della seduzione che trent’anni dopo avrebbero indotto Edoardo VIII a rinunciare alla corona d’Inghilterra per amore di Wallis Simpson, anche lei reduce (dissero i pettegoli) da istruttive esperienze orientali. Geertruida si inventò un passato fiabesco di torbide esaltazioni, e volle rievocarlo a Parigi ballando seminuda al lascivo suono del liuto. Imitando Salomè, fece perdere la testa, per fortuna solo in senso figurato, a facoltosi e potenti debosciati di mezza Europa, che la coprirono di ricchezza e di popolarità: due beni di volatile inconsistenza quando sono frutto di combinazioni fortunate e occasionali.
La nuova sacerdotessa di Shiva, ormai diventata Mata Hari(Occhio dell’Alba) dilapidò tanta ricchezza con la stessa facilità con cui l’aveva acquisita. Quando la sua fortuna cominciò a declinare, e la bellezza a sfiorire, l’instancabile seduttrice si rivolse al mondo militare, un po’ per compensare la noiosa compagnia dei flaccidi venerandi, un po’ per trarne qualche profitto carpendo, e vendendo, notizie riservate.
Questo fu il suo errore più grave: il mondo stava entrando in guerra, e la guerra, sovvertendo la morale kantiana, usa le persone solo come mezzo, e mai come fine. L’esperta cortigiana era una spia dilettante e i due ruoli non sono quasi mai compatibili. Flirtò con alcuni ufficiali francesi, russi e tedeschi, e a questi ultimi propose persino di fare il doppio gioco. Il controspionaggio inglese la mise sotto controllo, quello francese, all’epoca il migliore del mondo, lasciò fare aspettando l’occasione propizia. Quando ritenne di chiudere la partita intervenne con rapidità. Il 13 Febbraio 1917 Mata Hari fu arrestata in un lussuoso hotel parigino, con l’accusa di connivenza con il nemico. ATMOSFERA
Il processo si aprì il 24 luglio 1917. Per rievocarne l’atmosfera in aula, occorre ricordare la situazione al fronte. La Francia aveva già avuto un milione di morti, cinque volte il numero della seconda guerra mondiale. Il Generale Nivelle aveva scatenato l’ultima offensiva, lungo lo Chemin des dames, perdendo quarantamila soldati nel solo primo giorno. Interi battaglioni si erano ammutinati, le diserzioni e gli autolesionismi scarnificavano i reggimenti quasi quanto le mitragliatrici. Bisognava contrastare la nausea della guerra con la paura di una giustizia implacabile. E poiché quella militare oltre ad esser cieca è anche crudele, si procedette al fronte con le decimazioni, e in casa con i processi cosiddetti esemplari. L’innocua ballerina olandese, da agent de pacotille fu trasformata in una diabolica spia internazionale, sacrificabile a quella ragion di Stato che offende lo stato della Ragione.
L’accusatore era un giovane ambizioso, il tenente André Mornet che trent’anni dopo avrebbe chiesto per il successore di Nivelle, il maresciallo Philippe Pétain, la condanna a morte per tradimento e collaborazionismo con i nazisti. Il difensore era maitre Cluinet, già amante dell’imputata, e dunque troppo coinvolto emotivamente per agire e reagire con lucidità: come i medici non dovrebbero curare sé stessi, così gli avvocati non dovrebbero mai assistere gli amici. La Corte era composta da militari, che probabilmente avevano già deciso come decidere. Gli indizi a carico erano vaghi e inconsistenti. La donna aveva intrattenuto relazioni con ufficiali di entrambi gli schieramenti, e ne era stata parimenti ripagata con denaro e altre utilità: generali francesi e colonnelli tedeschi avrebbero potuto dire di aver servito, benché nemici, nel medesimo corpo, ritirandosi al momento opportuno. I testimoni a difesa furono più numerosi di quelli a carico. L’unica prova arrivò dalla Germania, che fece filtrare un messaggio in codice dove Mata Hari veniva identificata come agente H21. Ma era un codice vecchio, i francesi lo avevano decrittato e i tedeschi lo sapevano. DEPISTAGGIO
Tutti sospettarono che fosse un depistaggio per coprire qualche spione più importante. È una specialità dei servizi di intelligence bruciare agenti falsi per mantenere in vita quelli veri. Non sappiamo se questo dubbio abbia sfiorato i giudici, che comunque procedettero secondo copione: l’imputata, con voto unanime, fu condannata a morte. 
La mattina del 15 Ottobre 1917 Geertruida Zelle fu svegliata da suor Léonide, che l’aveva assistita e portata alla conversione. La condannata era una vaga parvenza dell’ammaliante seduttrice che aveva equamente raccolto e dispensato amori e fortune. L’ultima fotografia ne segna impietosamente il decadimento, tanto precoce quanto il suo successo era stato tardivo. Tuttavia volle vestirsi bene, e si presentò al plotone di esecuzione con coraggio e dignità. Sulla sua fine fiorirono aneddoti leggendari, la stessa immagine dell’esecuzione fu poi riconosciuta come un falso grossolano. Comunque, otto degli undici colpi mancarono il bersaglio, non sappiamo se per l’emozione o la galanteria dei soldati. Uno però la raggiunse diritta al cuore: forse il cuore di quel fantaccino era più sensibile al dovere, o più indurito dalla guerra. Il corpo di Mata Hari fu sezionato dal patologo, e sepolto in una fossa comune. I suoi beni, confiscati, valevano poche migliaia di franchi. Anni dopo gli archivi rivelarono che le poche informazioni passate ai tedeschi non erano state di alcuna utilità.