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 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

Il giudice scomodo: non si uccise, fu omicidio

Non è stato suicidio: è stato omicidio. Chi abbia ammazzato il magistrato argentino Alberto Nisman, ancora nessuno lo sa. Ma chi avesse un movente per farlo, lo sanno tutti: l’ex presidente, e ora senatrice, Christina Kirchner e il suo clan. La vicenda giudiziaria, sfruttata dagli avversari della Kirchner, appare politicamente inquinata: la verità è oggi forse più vicina, ma resta lontana. Le conclusioni dell’inchiesta del giudice federale Julián Ercolini, contenute in un documento di 656 pagine, aggravano indubitabilmente la posizione dell’ex presidente, proprio mentre l’Argentina riscopre la protesta dei caceriolazos – i gruppi di manifestanti che usano le pentole come strumento per esprimere il dissenso – e vive un clima da guerriglia urbana contro la riforma delle pensioni promossa dal suo successore Mauricio Macri.
Il giallo della morte di Nisman avvelena da tre anni la vita politica argentina. Il procuratore venne trovato morto nel suo appartamento di Buenos Aires il 19 gennaio 2015, con un colpo di pistola calibro 22 alla testa: il corpo stava in una pozza di sangue, l’arma era lì accanto ma non era sporca. Ercolini ritiene di avere raccolto prove sufficienti per concludere che la ferita letale non sia stata auto-inflitta, ma che sia stata inferta. Alcuni giorni prima della morte, il procuratore Nisman aveva presentato un atto d’accusa contro l’allora presidente Cristina Kirchner – sarebbe rimasta in carica fino al dicembre 2015 – e altri funzionari per aver insabbiato il ruolo dell’Iran nell’attentato del 1994 contro un centro ebraico di Buenos Aires, l’Amia: una bomba esplose e fece 85 morti e oltre 300 feriti, in quello che resta l’atto antisemita più cruento di tutti i tempi nel continente americano.
Dopo tre anni di indagini, la morte di Nisman resta tuttavia misteriosa: le circostanze dell’omicidio, gli autori, i mandanti, nulla è definito. Ercolini ha incriminato Diego Lagomarsino, ex collaboratore del procuratore, di complicità nell’omicidio: Lagomarsino ha riconosciuto di avergli prestato (disse “per autodifesa”) la pistola con cui venne poi ucciso. Una circostanza che sembra indicare che Nisman temeva per la propria sicurezza personale.
A inizio anno, l’ex presidente è stata accusata di tradimento, in base alle prove raccolte da Nisman sul suo ruolo per coprire gli agenti iraniani nell’attacco all’Amia, per tutelare i rapporti con l’Iran e ottenere petrolio a prezzo di favore, riferisce Haaretz, quotidiano israeliano. Un giudice ha anche chiesto l’arresto dell’attuale senatrice. Perché il provvedimento possa scattare, è però necessario che, prima, il Congresso le tolga con un voto l’immunità parlamentare. Per l’ex presidente, i guai, di questi tempi, si succedono: un procuratore vuole processarla per frode ai danni dello Stato e associazione illecita, perché avrebbe manipolato contratti pubblici a vantaggio d’un imprenditore attualmente detenuto con l’accusa di riciclaggio di fondi illeciti; un altro uomo d’affari legato ai Kirchner – prima di Cristina, fu presidente suo marito Nestor: una staffetta che ricorda le vicende peroniste – s’è appena costituito (è accusato di frode aggravata ai danni dell’erario); e un suo ex ministro è agli arresti domiciliari per la vicenda Nisman.