Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

Studentessa modello e finalista a Miss Italia: Bellomo mi ricattò: o lasci la tv, o addio alla borsa di studio

Mara Scatigno é una delle borsiste che ha avuto a che fare con il consigliere di Stato Francesco Bellomo. Trent’anni, pugliese, nell’anno 2011/2012 ottiene una borsa di studio presso l’ormai nota scuola di preparazione giuridica IQ Diritto e Scienza in cui insegna Bellomo. Mara ripercorre la sua esperienza con il magistrato accusato di abusi e molestie: “Confermo la sua propensione a ergersi a depositario di giudizi di ordine morale sulle allieve. Nel periodo in cui ho vinto la borsa di studio, giudicava mie attività che nulla avevano a che fare col percorso di studi, approvandole o disapprovandole a seconda dei suoi umori. È stato un periodo difficile”.
Come avviene il tuo incontro con Bellomo?
A luglio 2011 mi sono laureata con 110 e lode e menzione speciale con una tesi in diritto processuale penale europeo e successivamente specializzata presso la Scuola per le professioni legali. Nel frattempo lavoravo anche nello spettacolo.
Cosa facevi?
Nel 2005 sono stata finalista a Miss Italia e negli anni ho intrapreso piccole parentesi in tv (Ciao Darwin, A spasso nel tempo, Striscia la notizia con Fabio e Mingo…), attività che non hanno mai compromesso il mio profitto negli studi, anzi, sentivo di combattere il pregiudizio per cui una donna di spettacolo non abbia risorse diverse dal corpo da offrire. Piccoli lavori per fronteggiare le spese per gli studi universitari e post.
Poi vinci la borsa di studio.
Nell’anno 2011/2012, dopo una selezione per titoli e un colloquio con Bellomo – alla presenza di altri neolaureati – mi sono classificata seconda nella graduatoria definitiva: primo classificato (un ragazzo attualmente Primo dirigente della Polizia di Stato), io seconda (attualmente disoccupata), terza una brillante e bellissima ragazza attualmente magistrata. All’epoca lavoravo ad Antenna Sud in due trasmissioni di calcio, alla postazione web. Un lavoro divertente, che mi portava via poche ore a settimana.
Ma a Bellomo non piaceva.
Mi disse che se non avessi lasciato la tv mi sarebbe stata revocata la borsa di studio. Mi vidi costretta ad abbandonare la tv. A mente più lucida e consapevole, se tornassi indietro non farei mai una simile assurdità. Non c’era nulla di indecoroso nella mia attività in tv.
Come hai vissuto questa condizione?
Il ricatto psicologico era stato fortissimo all’epoca, ne parlavo con conoscenti e amici per sfogarmi. Quando ho letto i racconti delle altre borsiste in cui delineavano l’esigenza del consigliere di controllare gli aspetti più personali della vita delle allieve, mi ci sono ritrovata.
Bellomo poi cominciò a invitarti ad alcuni convegni.
Mi convocò al Caffè Nuviani di Bari per prospettarmi convegni e altri impegni. Trovai il luogo dell’incontro troppo informale, ma ci passai sopra. Il 22 giugno 2012 partecipai come relatrice a un convegno, dissertando sul delitto di atti persecutori. La mia tesi fu, in quella circostanza, opposta alla sua. Bellomo, tramite mail, mi disse di aver apprezzato la mia disquisizione valutandola da 9, per poi, in successive mail, denigrarla. Questo è un aspetto inconfondibile di Bellomo: sovrapporre farneticazioni sulle allieve, a seconda dei suoi umori, mescolando le questioni emotive con quelle giuridiche.
Poi vi fu la proposta di accompagnarlo in occasione del concorso di magistratura, in qualità di borsista.
Sì, alcuni giorni a Roma. In quell’occasione vi fu un’accesa discussione con lui con ritorsioni perché rifiutò di lasciarmi libera una serata con amici anziché trascorrerla alle sue disposizioni.
Cosa vi siete detti?
Mi riservo di riferire nelle sedi opportune, data la delicatezza delle conversazioni intercorse.
Ha imposto anche a te il dress code tacchi e minigonne?
No, non mi ha mai proposto contratti in stile “50 sfumature di giurisprudenza”. Inizialmente avevo avuto un atteggiamento remissivo per la suggestione che la sua figura ispirava, poi sono diventata sempre più ribelle, rompendo il clichè della borsista esemplare (per il suo modo d’intendere la borsista). Non è un caso, evidentemente, che a differenza degli altri borsisti io sia stata l’unica a vedersi interrotto qualunque rapporto con Diritto e Scienza (non vedendomi rinnovato il secondo anno di borsa di studio), perché insofferente ai suoi atteggiamenti intrusivi.
È vero che metteva in cattiva luce i fidanzati delle borsiste?
Sì, ha cercato di svalutare anche le qualità fisiche, intellettuali ed economiche del mio ex compagno, medico nucleare, che vide una volta nel convegno del 22 giugno.
Altre stranezze?
Bellomo si accreditava come persona dal quoziente intellettivo superiore, scriveva manuali giuridici senza avere l’accortezza di citare le fonti, con una logica assoluta di autoreferenza, creava una competizione insana tra borsisti quasi dovessero distinguersi, anziché per i meriti, per la loro propensione all’adulazione. Era insolito anche il modo in cui Bellomo curava il suo vestiario, nello stile del film Matrix, quasi a simboleggiare la sua inclinazione a porsi al di sopra delle convenzioni.
Mi stai dicendo che c’era un ambiente più pulito nel mondo dello spettacolo che in quello forense?
Ho avuto modo di “tastare” i due mondi e mi sono accadute situazioni spiacevoli in entrambi. Bisogna liberarsi dalla convinzione che logiche poco ortodosse siano radicate solo nel mondo dello spettacolo. Anzi, esistono molestie o subdoli meccanismi di plagio psicologico in tutti gli ambiti professionali e in alcuni contesti, come in quello forense, sono più difficili da sradicare o da denunciare perché chi li persegue ha una grossa influenza. Un giurista di Milano mi disse che per poter procedere a pubblicazioni giuridiche dovevo sostanzialmente concedermi a lui.
Cosa diresti a Bellomo oggi?
Di farsi un esame di coscienza e un bagno d’umiltà. Come uomo prima, come giurista dopo. Perché è l’uomo a fare la toga e non viceversa.