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 2017  dicembre 29 Venerdì calendario

Il Papa a un passo da Mosca le ultime mosse di Parolin

È in cima alla pila dei dossier più importanti presenti in segreteria di Stato vaticana: il viaggio del Papa a Mosca. Il cardinale Pietro Parolin, discepolo del padre dell’Ostpolitik Agostino Casaroli, che dal 2013 a oggi ha rimesso la Santa Sede al centro dello scacchiere internazionale dopo la parentesi del ripiegamento interno quando per la prima volta in un secolo e mezzo né il Pontefice né il segretario di Stato provenivano dal servizio diplomatico, lavora per rendere possibile un appuntamento desiderato da tempo. Ultimo passo in questo senso è l’apertura a Mosca di una mostra che vede per la prima volta nella storia gli Archivi Vaticani e gli Archivi della Federazione russa lavorare a stretto contatto. S’intitola “I Romanov e la Santa Sede: 1613- 1917”, un vernissage che ricorda come le relazioni diplomatiche tra i due Stati abbiano radici antiche, risalenti a prima dell’inizio della dinastia russa. Nel 1847 furono lo zar Nicola I e Gregorio XVI a firmare un concordato. Il faccia a faccia durò oltre un’ora. E mostrò una sintonia di fondo che Vaticano e Mosca desiderano riproporre. Oggi opere di pregio della Santa Sede sono a Mosca. Domani potrebbe essere la volta dell’arrivo di Francesco. A conti fatti, si tratta della medesima “tattica” messa in campo dalla Santa Sede con Pechino: nella Città Proibita, infatti, sono arrivate da alcune settimane delle opere dei Musei Vaticani, in attesa di una possibile viaggio papale. L’Ostpolitik di Parolin, che prima dell’insistenza sulle differenze, anche teologiche, cerca la normalizzazione dei rapporti, ha già raggiunto due importanti risultati a livello planetario. Nel giugno del 2014 l’allora presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen accettarono di pregare assieme nei giardini vaticani per la pace in Medio Oriente; alla fine dello stesso anno, l’epilogo dell’embargo statunitense a Cuba grazie a un lavoro dietro le quinte di più di diciotto mesi. Il terzo risultato vuole essere Mosca, certamente il viaggio, ma prima ancora un’unità reale fra le due Chiese, dopo lo storico incontro avvenuto a Cuba il 12 febbraio del 2016 tra Francesco e il patriarca Kirill. Recentemente è stato l’ambasciatore russo in Vaticano, Alexander Avdeev, a sottolineare che mai come oggi le relazioni fra i due Stati viaggino sulla stessa lunghezza d’onda. «Che cosa caratterizza il nostro rapporto oggi? Una maggiore fiducia», «una simpatia reciproca, basata non solo su questioni di Chiesa, ma anche su importanti questioni internazionali», «la vicinanza delle nostre posizioni in politica estera», ha detto. E ancora: «Prendete qualsiasi grande problema mondiale, e subito si nota la vicinanza delle posizioni del Vaticano e della Russia». Nell’ultimo anno una svolta decisiva è subentrata anche a livello politico. Il ministero degli Esteri russo, infatti, ha messo in campo un sistema di consultazione diretta con la Santa Sede. Con regolarità avvengono incontri fra i ministri dei due Paesi, cosa mai accaduta prima. Sergei Lavrov in dodici mesi ha incontrato almeno due volte l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro degli Esteri vaticano, l’ultima a dicembre a Vienna per la riunione ministeriale dell’Osce. Insieme alla firma per la mostra, i due Stati hanno stipulato anche un accordo umanitario, con la disponibilità a ricoverare e operare venticinque bambini russi al Bambin Gesù. Sono aperture concrete, in attesa che anche a livello religioso ogni ferita sia sanata dopo che nel lontano 1448 il Patriarcato di Mosca optò per l’autocefalia da Roma. Una cesura che Francesco vuole sanata.