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 2017  dicembre 29 Venerdì calendario

Il poker segreto delle star. Intervista ad Aaron Sorkin

«È uno scrittore tutto da vedere» è la battuta che circola a Hollywood su Aaron Sorkin, lo sceneggiatore che ora debutta come regista con Molly’s Game, già in odore di Oscar. Il film racconta la storia (vera) di Molly Bloom, la regina del poker: un’ex sciatrice che fece affari miliardari organizzando partite clandestine. Tra i clienti, esponenti dell’alta finanza americana, campioni sportivi e divi del cinema. Nomi di altissimo livello, almeno secondo l’autobiografia Molly’s Game: High Stakes, Hollywood’s Elite, Hotshot Bankers, My Life in the World of Underground Poker. Tra gli «invitati» ai tavoli da gioco c’erano Ben Affleck, Leonardo DiCaprio, Matt Damon e Tobey Maguire. Molly è diventata celebre dopo la vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta: arrestata dall’Fbi nell’aprile 2013, è stata poi condannata a un anno di libertà vigilata per gioco d’azzardo illegale. Nel giro da lei voluto si era pure infiltrata la mafia russa. Il regista (già autore della serie tv West Wing, Oscar per la sceneggiatura di The Social Network, consensi di critica e pubblico per il copione di Moneyball) ha voluto Jessica Chastain per impersonare la controversa Molly.
Sorkin, perché ha scelto la storia di una controversa organizzatrice di poker clandestino per passare dietro la cinepresa?
«Non certo perché a Hollywood il poker online è molto diffuso o perché ci sono accaniti giocatori, da DiCaprio a Damon. Mi ha coinvolto la vita reale di Molly, che per un incidente fu costretta a rinunciare alle sue aspirazioni di sciatrice, si trasferì a Hollywood e iniziò a organizzare partite illegali».
La vera Molly ha detto di aver pianto rivedendo «il thriller» di un lungo momento della sua vita...
«La lettura del suo libro di memorie mi ha conquistato. Dopo averla conosciuta ho capito che divenne un’avventuriera suo malgrado perché lei era all’oscuro delle interferenze della mafia russa nelle partite».
Ritiene che Molly sia lo specchio di tante «self made women» che si trovano in spirali gestite da uomini?
«Certo: sono gli uomini a Hollywood che gestiscono le regole. Nelle donne c’è sempre una carica di idealismo. Anche in Molly, decisamente vulnerabile nelle rischiose partite della vita».
Ha pensato anche a questo durante lo scandalo Weinstein sugli abusi sessuali?
«Certo. Ho una giovane figlia, Roxy, che vuole entrare nel mondo dello spettacolo come regista e molto prima del caso Weinstein l’avevo messa in guardia su come difendersi da qualsiasi molestia».
Perché ha scelto Jessica Chastain come protagonista, dopo aver pensato anche a Emma Stone?
«Chastain ha un misto di vulnerabilità, glamour e forza che mi è parso perfettamente aderente al ruolo. Ed è una donna, Amy Pascal, che ha prodotto il film e scelto Natale come data per l’uscita Usa».
I suoi maggiori successi sono legati a personaggi maschili...
«Non sempre. Ora sto lavorando con Cate Blanchett a una versione cinematografica della straordinaria vita e carriera di Lucille Ball, che raggiunse la massima popolarità con la serie televisiva I love Lucy. Lucille fu una pioniera della tv popolare, penso sia stimolante analizzare il perché del suo successo e la sua scelta di essere di sinistra in tempi ardui. Mi sono sentito molto preso come quando mi impegnai nel copione del film su Steve Jobs».
Le capita, scrivendo, di pensare al ragazzo che è stato e che sognava il mestiere d’attore?
«Mi sono riservato un piccolo ruolo in The social network. Perché non ho scordato la mia passione per la recitazione nata quando a 5 anni andai a vedere a Broadway Don Quixote. Sentirsi un cavaliere errante tra scacchi e vittorie è sempre fertile e tutti dovremmo ricordarcelo nelle battaglie di oggi».