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 2017  dicembre 29 Venerdì calendario

Intercettazioni e regole. Atti giudiziari meno segreti: i passi (e i dubbi)

Su 7.730 cronache giudiziarie di 6 mesi, nel 2016 gli avvocati penalisti rilevarono che solo il 7,3% riportava intercettazioni, a loro volta riguardanti estranei alle indagini solo nel 7,5% dei casi: eppure l’asserita «gogna mediatica» sui «terzi» ha carburato la nuova legge sulle intercettazioni, di cui solo l’esperienza potrà saggiare le farraginosità già segnalate da avvocati e procuratori. G ià al momento dell’ascolto la polizia giudiziaria possiederà l’iniziativa di scremare in un archivio riservato le intercettazioni che riterrà irrilevanti, senza trascriverle in brogliacci ma avvisando il pm, che da «veggente» cercherà di intuire se invece tra esse ve ne siano di rilevanti da salvare: poi toccherà al difensore fare l’«esploratore» in cerca di quelle utili all’indagato, ma in molto meno tempo (10 giorni in generale) e molto più alla cieca (potendo il legale solo ascoltare gli audio ma non farne copia, e avendo per orientarsi solo giorno-ora-apparecchio). Il legislatore, sbilanciato sulla carsica idea che vorrebbe schiacciare le cronache sulla sola rilevanza giudiziaria (anziché anche sull’interesse pubblico di notizie vere e proposte con essenzialità e continenza), cerca però di riposizionarsi facendo cadere il segreto dopo l’ordinanza con cui il gip, al termine del contradittorio tra accusa e difesa sullo stralcio delle intercettazioni irrilevanti, acquisisce al fascicolo quelle rilevanti; e prevedendo che dal 2019 l’ordinanza di custodia cautelare sia pubblicabile subito e interamente, non più solo nel contenuto fino all’udienza preliminare (come oggi per tutti gli atti non coperti da segreto). Sfugge il senso del perché sì l’ordinanza d’arresto e non anche i singoli atti (pure non più segreti) su cui si basa; e del perché sì solo l’arresto (che per definizione all’inizio è una foto solo dell’accusa) e non anche le ordinanze successive magari favorevoli alla difesa (come un Riesame che annulli l’arresto). Si è dunque ancora ben lungi da un accesso diretto e trasparente del giornalista agli atti non più segreti, dal 2006 qui più volte proposto come antidoto al Far West del (finto) proibizionismo e come anzi miglior garanzia proprio per le persone al centro di cronache giudiziarie di interesse pubblico. Tuttavia l’embrione di norma responsabilizza e alza gli standard deontologici dei giornalisti. E alla lunga può forse approdare all’accesso diretto se renderà insostenibile l’attuale diniego degli uffici giudiziari a riconoscere ai giornalisti l’«interesse» richiesto dall’art. 116 c.p.p., in base al quale «durante il procedimento chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie di singoli atti». Tanto più se di un atto di cui la legge dal 2019 esplicita la piena pubblicabilità.