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 2017  dicembre 29 Venerdì calendario

L’ascesa di Weah Il Pallone d’Oro ora è presidente

«Dormivamo in 14 in una stanza. La nonna nel letto e noi fratelli sul pavimento. Mangiavamo riso e basta. Avevo sempre fame». Così raccontava la sua vita George Weah, l’ex centravanti del Milan ora eletto presidente della Liberia. Il Pallone D’Oro ha battuto la Vecchia Limousine. George Weah, 51 anni, vince le elezioni presidenziali in Liberia, con oltre il 61% dei voti. Risultato netto, sancito dalla Commissione Elettorale, che non lascia margine alle rimostranze del candidato governativo Joseph Boakai, 73 anni, l’eterno vicepresidente che si paragonava a una «limousine pronta a uscire dal garage».
A chiuderlo nel suo box sono stati due milioni di liberiani che hanno votato nel giorno di Santo Stefano, in un clima tranquillo. Una conquista non scontata, per un Paese che negli anni Novanta sopravvisse a una guerra civile con 250 mila morti.
Ieri pomeriggio, prima ancora dei risultati ufficiali, l’ex stella di PSG, Chelsea e Milan aveva incassato via Twitter l’applauso di un altro campione africano, Didier Drogba. «Merci Didier – ha replicato Weah – siamo entrambi consapevoli del destino dei nostri popoli. Seguiamo lo stesso cammino». Un’infornata di calciatori-presidenti salverà l’Africa? In attesa che Drogba scenda in politica nella sua Costa D’Avorio, l’ex numero 9 liberiano arriva alla guida di un Paese di 5 milioni di abitanti che per il 68% vive sotto la soglia di povertà (meno di due dollari al giorno) e dove le aspettative di vita si fermano a 63 anni. Un passaggio di poteri pacifico, nella prima Repubblica fondata da ex schiavi liberati, sarebbe il primo di tal fatta in oltre settant’anni di storia. Non accadeva dal 1944.
Al terzo tentativo il politico Weah (senatore dal 2015) ha raggiunto l’obiettivo come candidato d’opposizione. Il suo rivale era debole: non per niente Boakai è chiamato Sleepy Joe, per la sua propensione ad addormentarsi in pubblico («perché sono un sognatore», ribatte lui). Ora il George nazionale dovrà misurarsi con l’eredità di Ellen Johnson Sirleaf, la prima donna-leader del continente (che lo sconfisse per la prima volta nel 2005): la Nobel per la Pace in campagna elettorale ha offerto all’ex centravanti del Milan di Fabio Capello e Dejan Savicevic un assist forse decisivo, rifiutandosi di appoggiare il suo vice in nome di un «ricambio generazionale».
Largo al cinquantenne. La cosa più importante è proseguire sulla via della pace tracciata dalla 79enne presidenta. E poi provare ad accrescere il benessere di un popolo che ancora non si è ripreso dai postumi dell’epidemia di Ebola del 2014-2015. Per mantenere le promesse elettorali e combattere la disoccupazione giovanile, il Pallone D’Oro dovrà circondarsi di una squadra capace e il più possibile onesta. Mica facile, in un Paese dove persino la specchiata Johnson Sirleaf è stata sfiorata dagli scandali di corruzione che hanno investito i suoi ministri. Come vice, il neo-presidente si è scelto l’influente senatrice Jewel Howard-Taylor, ex First Lady ed ex moglie del signore della guerra Charles Taylor. Per uno che vuole accreditarsi come «uomo del cambiamento», la partita è tutta da giocare. La Liberia è la più antica repubblica africana, più vecchia dell’Italia (fu fondata nel 1847). Sarà un ex attaccante con la barba sale e pepe, italiano d’adozione, a liberare i suoi connazionali dal catenaccio della povertà?