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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Il grande dilemma di Nanni Moretti in Ecce Bombo

«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Il grande dilemma di Nanni Moretti in Ecce Bombo. Laura Boldrini, per dire, ha scelto la prima soluzione: tramontata l’ipotesi di essere la prima stella del movimento di Giuliano Pisapia, ha accettato di «continuare l’impegno» in Liberi e Uguali, la «cosa rossa» di Pietro Grasso. Sarà subalterna al presidente del Senato, cui per cinque anni ha conteso il ruolo di paladino della «nuova» sinistra, tanto simile alla vecchia. La seconda fila è sempre meglio della terza, ma non è ciò che aveva sognato. Altri, però, hanno preso la strada opposta: meglio non esserci, nella diciottesima legislatura. Molti di loro sono convinti che il prossimo giro durerà poco – si tornerà a votare a giugno, secondo i più pessimisti – e sarà un tale caos, per via di una legge elettorale destinata a produrre un Parlamento ingovernabile, che si farà più bella figura a starne fuori. Per poi, magari, rispuntare già al turno successivo, quando una sfilza di capi e capetti si sarà bruciata e ci sarà bisogno di qualcuno che riempia i ranghi lasciati vuoti. Non è difficile vedere un calcolo simile, ad esempio, nella scelta di Pisapia. Voleva creare l’anello di congiunzione tra il Pd, l’estrema sinistra e la «società civile», ma ha capito che, finché c’è Matteo Renzi alla guida dei democratici, esiste spazio solo per liste utili a portare acqua al partitone, come quelle che i centristi e i radicali di Emma Bonino stanno allestendo in questi giorni. Discorso simile per la giovane «riserva della Repubblica» Enrico Letta. Non solo non si candiderà, ma ha stracciato la tessera del Pd. Ovviamente si tratta di «questo» Pd, comandato da Renzi: rimosso l’impiccio, per l’ex premier, che a 51 anni si è già fatto quattro legislature a Roma e una a Strasburgo ed è assai caro a Sergio Mattarella, si aprirebbero nuove porte. Basta aspettare, cosa che i democristiani sanno fare benissimo. Non solo loro, però. I Cinque Stelle hanno il limite dei due mandati e tra il farsi eleggere per vedere Luigi Di Maio che si gioca la partita della vita e guardarsi la scena in tv dal salotto di casa, Alessandro Di Battista non ha avuto dubbi. Così, se lo statista partenopeo si schianterà, niente di più probabile che Davide Casaleggio e Beppe Grillo bussino alla porta di «Dibba». Il quale, nel frattempo, si sarà conquistato l’aureola del santo, avendo rifiutato un posto in Parlamento. All’elenco degli illustri che non si ricandideranno potrebbe aggiungersi il nome di Pier Ferdinando Casini. «Non ho ancora deciso», ha detto al Corriere. Sarebbe un’altra fuga da Renzi, per conto del quale l’ex leader dell’Udc avrebbe dovuto gestire la lista centrista. La scorsa estate il suo nome era girato come possibile presidente della Fondazione Carisbo, azionista di Intesa-San Paolo. Lui spiegò che gli incarichi parlamentari gli impedivano di accettare altri impegni. Una volta fuori, però, il discorso potrebbe riaprirsi. E poi, un domani, chissà. Del resto per il suo storico «gemello», Marco Follini, l’addio alla politica è durato appena tre anni, trascorsi sulla comoda poltrona di presidente dell’Associazione produttori televisivi. A marzo ha annunciato il ritorno sulla scena, spinto da un «forte vento democristiano». Ha assicurato che non si sarebbe ricandidato, ma tra i possibili leader della disperata scialuppa centrista, abbandonata da tutti i capitani, si fa anche il suo nome. Chi continuerà a occuparsi di politica fuori dal Parlamento è il 67enne Carlo Giovanardi, veterano di sette legislature. «Il mio impegno resterà inalterato», ha spiegato alla Gazzetta di Modena. Come prima cosa porterà avanti «il percorso per la nascita delle “quarta gamba” del centrodestra». Del resto la politica, oggi, più che nei partiti si fa nelle fondazioni ed anche i soldi si sono spostati dai primi alle seconde. Angelino Alfano, classe 1970, non si candiderà, ma manterrà la presidenza della Fondazione De Gasperi, dalla quale ha detto di voler far partire la seconda fase della sua vita, che non è detto sia molto diversa dalla prima. Basta guardare Franco Frattini, che ha guidato la stessa fondazione prima di prendere in mano la Società italiana per l’organizzazione internazionale. Ha avuto l’intelligenza di stare fuori qualche giro e adesso il suo nome è tornato in auge, come possibile ministro degli Esteri o addirittura come premier. Perché in Italia, spesso, a farsi da parte ci si guadagna (qualcuno lo spieghi a Maria Elena Boschi).