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 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

Rischio Consulta e niente scambi ecco i pericoli per le Popolari

ROMA Sotto le banche popolari sono state piazzate tre bombe a orologeria. Che rischiano di assestare un altro colpo al sistema di questi istituti. Si tratta della prossima sentenza della Corte costituzionale sulla riforma Renzi, della pesante situazione di illiquidità delle stesse banche determinata anche da una direttiva della Consob e del momento sempre più delicato che sta coinvolgendo la Banca Popolare di Bari. E c’è un filo invisibile che lega questa emergenza alle polemiche che hanno accompagnato le vicissitudini di questi istituti e l’inchiesta in corso anche in Parlamento. Il primo colpo, allora, si può verificare già a marzo. In piena campagna elettorale o subito dopo il voto. Proprio nella fase in cui, con ogni probabilità, non si sarà ancora formato il nuovo governo. I giudici della Consulta si esprimeranno sul ricorso presentato dal Consiglio di Stato contro una parte della riforma varata dall’esecutivo Renzi che obbliga a trasformare in Spa le banche popolari che superano la soglia di 8 miliardi di patrimonio. In particolare, l’oggetto del contendere si concentra sulla legittimità della disposizione che impone un limite piuttosto robusto al diritto di recesso. Ossia alla possibilità del socio della popolare di esercitare il diritto di “uscita” – dopo la conversione in Spa – senza poter ottenere il rimborso delle proprie azioni. L’eventualità che la Corte possa accogliere in toto o in parte il ricorso, non viene affatto considerata irrealistica. Anzi. In quel caso, però, verrebbe compromesso uno dei capisaldi della riforma. La sentenza difficilmente avrà effetti retroattivi e quindi non ci saranno conseguenze immediate sulle otto banche già trasformate. Ma di certo bloccherebbe il processo che attende gli ultimi due istituti che ancora non hanno modificato i loro statuti: la Banca popolare di Sondrio e quella di Bari. Non solo. Se la scelta delle Alte Toghe fosse presa in questa direzione, si aprirebbe uno spazio per la richiesta di risarcimento danni per tutti quei soci che hanno visto “sterilizzare” il loro rimborso. Il secondo aspetto è ancora più delicato e porta direttamente alla Consob. La Commissione che, insieme alla Banca d’Italia, è investita dal ciclone delle polemiche in merito alla vicenda delle ormai famose quatto banche risolte, tra cui Etruria. Si tratta dello stato patrimoniale delle popolari, in particolare di quelle non trasformate in Spa (una trentina di istituti). E quasi tutte vivono una condizione comune: sono illiquide. Concretamente: i soci non riescono a vendere le loro azioni, ne hanno perso di fatto l’intero valore. Lo stato patrimoniale critico le sta espellendo dal mercato. Una batosta in primo luogo per i soci-risparmiatori. In questo caso tutto, o quasi, trae origine dalla raccomandazione della Consob 0092492 dell’ottobre 2016. Nella sostanza in quella comunicazione – che non era vincolante ma venne considerata una forma di moral suasion – si esortavano le banca popolari a quotarsi sui cosiddetti Mtf, sistemi multilaterali di negoziazione. L’obiettivo era quello della trasparenza e soprattutto quello di assegnare al mercato il compito di pesare correttamente il valore dei singoli istituti. L’esito, però, non è stato quello sperato. O forse la realtà della concorrenza e la crisi fiduciaria nel sistema-popolari sono state più brutali del previsto. La loro quotazione, nella maggior parte dei casi, è crollata. Il prezzo indicato in precedenza è stato smentito dalle logiche del mercato. A quel punto, il passaggio all’attuale illiquidità è stato breve. Basti allora vedere l’andamento delle contrattazioni sul mercato Hi-Mtf. In questa pima parte di dicembre la maggioranza di queste banche ha registrato “zero” scambi: nessuna cessione e nessun acquisto. L’istituto che ha visto il maggior numero di movimentazioni è stata la Banca Valsabbina, con 52 contratti. Poi la Banca popolare di Lajatico: 29 contratti per pochissime migliaia di euro. La Banca popolare di Bari, invece, ha addirittura registrato un solo contratto. E a novembre il ciclo degli scambi non è stato diverso. Tenendo presente che – l’eventualità non per niente remota – queste operazioni d’acquisto potrebbero provenire dalle stesse banche emittenti. Una situazione dunque potenzialmente esplosiva. Riguarda diverse centinaia di migliaia di azionisti i cui risparmi o investimenti sono sostanzialmente congelati o paralizzati da molto tempo. L’ultimo nodo si stringe intorno alla Banca Popolare di Bari. Che continua a vivere una situazione di pesante incertezza non solo perché ancora non ha proceduto alla trasformazione in Spa ma soprattutto per l’inchiesta in corso. Che sta mettendo in evidenza le gravi carenze nella gestione. Al punto che nessuno può escludere un vero e proprio default. E l’orizzonte del sistema delle banche popolari diventa sempre più cupo.