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 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

Corruzione. Quando il pubblico diventa privato

Nessuno potrà contestare (ce lo auguriamo vivamente) agli alti ex dirigenti della Consob finiti a Banca Etruria e agli ex ispettori della Banca d’Italia assunti dalla Popolare di Vicenza di non aver assolto la propria funzione pubblica «con disciplina e onore», come prevede la nostra Costituzione. Diciamo subito che in queste vicende è tutto assolutamente legale: non c’è una legge che impedisce a chi ha svolto un ruolo pubblico di passare al settore privato. In tribunale non esercitano forse avvocati che fino a sei mesi prima erano magistrati? Ci sono stati anche ministri che sono stai assunti da colossi finanziari che erano consulenti del loro ministero o che una volta terminato il mandato hanno subito assunto il patrocinio legale di potentissime multinazionali in causa con lo Stato italiano. I nomi? Basta sfogliare le cronache degli ultimi anni dove purtroppo quelle singolari coincidenze non sono neppure sottolineate come avrebbero meritato. Niente a che vedere con un certo Vittorio Emanuele Orlando che fu presidente del Consiglio e ministro Guardasigilli, il quale tornando alla professione di avvocato sentì il dovere di avvertire i propri clienti che mai e poi mai avrebbe accettato da quel momento in poi incarichi contro gli interessi dello Stato. E la Costituzione repubblicana, bisogna ahimè rimarcarlo, era ancora ben lontana. Oggi ci si appiglia alla legalità formale. Tutto ciò che non è espressamente vietato, allora è consentito. Anche quando c’è un problema di opportunità grande come una casa. Ma se succede questo, e non sono casi isolati, è la spia che qualcosa non va. La spia di un male oscuro che affligge i nostri apparati pubblici, dai livelli più elevati ai gradini inferiori della piramide. Capita ovunque, lo sappiamo. Anche negli altri Paesi sviluppati ha forse attecchito l’idea che il posto pubblico sia un posto qualsiasi, dove l’interesse proprio possa prevalere sull’interesse della collettività. Tuttavia non così in profondità. Deve preoccupare che 42 dipendenti del Comune di Sanremo vengano rinviati a giudizio per assenteismo e per aver timbrato il cartellino al posto dei colleghi. Ancor più, tuttavia, deve preoccupare la fila dei dipendenti in placida attesa che l’arrogante timbratore completi l’opera. O il fatto che dopo quello scandalo altri ne siano seguiti nella più totale indifferenza dei protagonisti, evidentemente certi del fatto che i meccanismi folli della burocrazia garantiscono l’impunità. Ma la preoccupazione vera sta nel fatto che il governo abbia dovuto fare una legge per cercare di mettere freno al dilagare di fenomeni simili: vedremo i risultati. “Disciplina e onore”, prescrive la Costituzione. Ma come possono convivere nell’animo del funzionario pubblico disposto a vendere senza alcuna disciplina il proprio onore per qualche migliaio di euro?