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 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

I «titoli opachi» delle banche Ue Nei bilanci per 6.800 miliardi Titoli «complessi»

Classificati per scopi contabili con le sigle «L2» e «L3», sono strumenti il cui valore viene calcolato ricorrendo a stime, perché non ci sono quotazioni precise e dirette sui vari mercati. Da quando sono partite l’Unione monetaria e poi l’Unione bancaria, nella Banca centrale europea sono emerse dinamiche che pochi avevano previsto. Dentro gli organismi di vertice, maggioranze e opposizioni hanno preso forma e chi di solito si trova in minoranza reagisce nel modo classico per il proprio ruolo: protesta anche fuori dalla sala dove si è votato, per spiegare perché a suo parere la Bce doveva decidere diversamente.
In politica monetaria – tassi, liquidità e interventi sul mercato – leader dell’opposizione è quasi sempre della Bundesbank, che dunque a volte critica anche in pubblico le scelte della maggioranza. Nella vigilanza bancaria invece è sempre stata la Banca d’Italia, con la Bundesbank saldamente in maggioranza. Tocca alla Banca d’Italia convincere gli altri dentro e, se necessario, fuori dagli organismi di guida della Bce. È su questo sfondo che oggi l’istituto di via Nazionale pubblica uno studio che «non necessariamente» rispecchia la sua posizione, ma ha tutta l’aria di andarci vicino. E il fatto che da Roma spesso si sia dissentito dalle decisioni di vigilanza della Bce non basta per liquidare questo lavoro senza pesarlo nel merito. Anche perché chiama implicitamente in causa l’approccio seguito finora da presidente e vicepresidente del Meccanismo di vigilanza unico: la francese Danièle Nouy e la tedesca Sabine Lautenschläger.
Lo studio, da oggi sul sito della Banca d’Italia, sostiene sulla base di fatti e dati che in sostanza le due hanno adottato una linea strabica nella vigilanza. Attenta ai crediti in default, molto presenti nei bilanci della banche italiane, ma piuttosto distratta sul valore teorico di 6.800 miliardi di euro di titoli spesso «complessi, opachi e altamente illiquidi» che per due terzi si trovano nelle banche francesi e tedesche (per un terzo nel resto dell’unione monetaria, di cui il 5% in Italia). Fra gli istituti più interessati, specie i più grandi realizzano buona parte di ricavi e utili sui mercati finanziari.
Al cuore dello studio, firmato da 11 economisti, c’è un argomento che fa riflettere dopo il crollo di Lehman: le banche con grandi sale operative hanno trovato il modo di aggirare i nuovi limiti che i regolatori cercano di porre. Molte riescono a presentare in bilancio come attivi «level 2», cioè relativamente liquidi e trasparenti, posizioni per migliaia di miliardi in derivati e strumenti complessi che in realtà sarebbero invece illiquide e del tutto opache («level 3»). Nel presentare profitti in apparenza elevati e rischi teoricamente ridotti, ai banchieri viene concessa sugli attivi «level 2» e «level 3» una discrezionalità che per le tradizionali perdite sui prestiti a famiglie e imprese non c’è.
Le stime dello studio della Banca d’Italia danno effetti impressionanti. Un’ipotetica caduta dei prezzi del 5% di questi titoli derivati e strutturati «level 2» e «level 3» abbatterebbe il capitale regolamentare di base di alcune di queste banche al 4% o al 6%, cioè le porterebbe al fallimento. Quasi tutte subirebbero perdite devastanti, paragonabili a quelle della Grande recessione.
Come prima della crisi, il punto è capire se gli scenari peggiori siano plausibili. Fino alla prima metà del 2007 non lo sembravano. Le grandi banche sostengono ora di essere coperte dal rischio di scenari avversi grazie ad altre posizioni difensive, ma il lavoro della Banca d’Italia presenta argomenti convincenti per mostrare che al prossimo choc di mercato queste potrebbero tradire. Una piccola caduta su titoli ordinari può produrre un sisma per i «level 2» e «level 3». Il messaggio è che la Bce deve vigilare sui grandi rischi speculativi alla stabilità finanziaria, non solo su quelli dei cattivi crediti italiani. In un sistema dove i mercati viaggiano quotazioni elevate e le banche centrali stanno per avviare una stretta monetaria, Nouy è chiamata a dire cosa ne pensa.