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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Cambi di casacca Lo sprint finale

ROMA Alla fine la legislatura che sta per concludersi sarà ricordata anche per i cambi di casacca. I «voltagabbana» raggiungono la cifra record di 546, un numero raccolto e diffuso da uno studio di Openpolis, che descrive cosa è successo negli ultimi cinque anni nel Parlamento. Basta leggere il dossier e accorgersi cosa si è consumato nelle Aule di Camera e Senato. Solo negli ultimi giorni il via vai è stato più intenso a Montecitorio dove sei deputati hanno deciso di lasciare il gruppo di appartenenza. L’11 dicembre è stato il turno di Daniela Santanché, la quale ha lasciato gli azzurri di Silvio Berlusconi ed è passata ufficialmente a Fratelli d’Italia. Il giorno dopo, dal misto a Scelta civica, sono trasmigrati Vincenzo Piso ed Eugenia Roccella, che sedevano nei banchi dell’Udc-Idea. Una scelta che qualche ora più tardi è stata condivisa da Matteo Bragantini, Emanuele Prataviera ed Enrico Costa, proveniente dalla componente del Fare-Pri-Liberali e oggi migrati a Scelta civica. Cambi di casacca che in Transatlantico vengono derubricati «a puro tatticismo» in vista delle elezioni politiche.
Tuttavia i 546 spostamenti hanno coinvolto 345 parlamentari, ovvero il 36,32% degli eletti fra Camera e Senato. Con alcuni casi limite come il senatore Luigi Compagna, che ha cambiato dieci volte il gruppo parlamentare. O come l’ex pentastellato Adriano Zaccagnini, di cui si registrano i seguenti giri di valzer: dal M5S al Misto, dal Misto a Sel, da Sel al Misto, e infine dal Misto all’Mdp. Si legge poi nel dossier che la Camera dei deputati ha totalizzato 310 cambi di gruppo, con 206 deputati coinvolti (32,70%). Più bassi invece i numeri assoluti di Palazzo Madama, con 236 cambi di casacca e 139 senatori transfughi (43,44%).
Eppoi un dettaglio che rappresenta plasticamente il fenomeno del trasformismo: in 57 mesi di legislatura ci sono stati 9,58 cambi al mese. Ma non finisce qui. Perché giovedì scorso nell’Aula del Senato si è consumato un ultimo passaggio. Tra un selfie e uno scambio di saluti natalizi, Mario Ferrara, presidente del gruppo parlamentare Gal (Grandi autonomie e libertà), ha dapprima accettato l’adesione di quattro senatori di rito Udc – Riccardo Conti, Antonio De Poli, Giuseppe Esposito, Giuseppe Ruvolo – che fino a un minuto prima sedevano al Misto. Eppoi con un colpo a effetto sempre Ferrara ha annunciato il nuovo nome di battesimo del Gal. Non più semplicemente Gal, ma, si legge nei resoconti parlamentari a pagina 236, «Grandi autonomie e libertà – Unione dei Democratici cristiani e Democratici di centro».
«Un imbroglio», è stata la reazione nel Salone Garibaldi del Senato. Di fatto, un escamotage che, come spiega Paolo Cirino Pomicino, «consentirà all’Udc di evitare la raccolta firme in una fase in cui sta facendo molta fatica nella ricomposizione di tutte le anime democristiane». Salvo poi aggiungere con un filo di ironia: «Attenzione, non eravamo mica preoccupati per la raccolta firme». Il tutto, confida Pomicino, è stato concordato con Forza Italia per mettere in campo il brand democristiano che i sondaggisti stimano attorno al 2%.