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 2017  dicembre 28 Giovedì calendario

Una legge su tre votata con la fiducia

Tre governi, 107 voti di fiducia, 103 leggi da approvare, un proliferare di partiti, 546 cambi di casacca. Quella che si chiude oggi è una legislatura record. A partire dalla sua durata, 5 anni, su cui nessuno all’inizio avrebbe scommesso. Una legislatura, la diciassettesima, che ha inanellato importanti e controverse riforme, dal Jobs act alle unioni civili, dalla nuova legge elettorale al biotestamento, dal bonus di 80 euro alle novità in materia di pensioni, ma che lascia al Parlamento che verrà una pesante eredità in termini di leggi non approvate (oltre cento) e di provvedimenti attuativi da varare: 99 si trascinano addirittura dagli esecutivi Monti e Letta. Tre governi Dopo le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, dal quale non uscì un vincitore netto, si formò il governo a guida Enrico Letta, il sessantaduesimo della Repubblica: dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014. Trecento giorni tormentati (fino a novembre l’esecutivo fu sostenuto anche dal Popolo della libertà di Berlusconi, poi, dopo la scissione del gruppo di Alfano, no) conclusi dal letale hashtag «#Enricostaisereno» e dal gelido scambio del campanello tra lo stesso Letta e Matteo Renzi. Il governo Renzi è stato il più lungo della legislatura e il quarto per durata nella storia repubblicana: dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016, per un totale di 1.024 giorni. Infine il governo guidato da Paolo Gentiloni: poco più di un anno, ma l’esecutivo resterà in carica per gli affari correnti anche dopo lo scioglimento delle Camere.
Record dei voti di fiducia È stata la legislatura nella quale i governi hanno più abusato della richiesta alla Camere del voto di fiducia per approvare i provvedimenti. Secondo Openpolis, il governo Letta ha fatto ricorso alla questione di fiducia in media per 1,1 volte al mese, quello Renzi per 2 volte al mese e quello Gentiloni per 2,58 volte. Un’escalation che ha visto in tutto 107 voti di fiducia. Il 15,5% delle leggi dell’esecutivo Gentiloni è stato approvato con due o più voti di fiducia, compresa la legge di Bilancio. Incredibile la vicenda del Rosatellum, il nuovo sistema elettorale, diventato legge dopo 8 voti di fiducia, 3 alla Camera e 5 al Senato. Quasi una legge su tre delle 354 pubblicate in Gazzetta Ufficiale è passata con almeno un voto di fiducia.
Riforme a colpi di decreti La legislatura si è caratterizzata anche per l’abuso della decretazione d’urgenza. Il decreto legge, che entra in vigore subito dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri e deve essere convertito in legge entro 60 giorni, ha costituito, insieme ai voti di fiducia, la scorciatoia seguita da tutti i governi per bypassare le lungaggini parlamentari e le divisioni della maggioranza. L’esecutivo Letta ha varato 25 decreti legge, in media 2,5 al mese; quello Renzi 54, cioè 1,7 al mese; quello Gentiloni 16, ovvero 1,3 al mese. Sotto il governo Letta i decreti legge sono arrivati a pesare per il 61% sul totale delle leggi approvate. Il governo Gentiloni, più dei precedenti, si è concentrato invece sui decreti legislativi, cioè quelli che attuano precedenti leggi delega: ne ha deliberati 97 su un totale di 152 provvedimenti legislativi varati in 64 riunioni del Consigli dei ministri.
Le leggi in sospeso Secondo l’ultimo monitoraggio di Openpolis, erano più di cento, per l’esattezza 103 al 7 novembre scorso, i disegni di legge approvati in un ramo del Parlamento e in corso di esame nell’altro. Gran parte, compreso lo ius soli e l’abolizione dei vitalizi, con lo scioglimento delle Camere, non entreranno in vigore. Un terzo sono fermi alla Camera, il resto al Senato, dove la maggioranza è più incerta. Quanto al bilancio del governo Gentiloni, sono stati convertiti il legge tutti i 16 decreti legge varati in un anno, e sono diventati legge anche 87 decreti legislativi su 97 deliberati in Consiglio dei ministri e 10 disegni di legge su 39.
Un pesante arretrato Oltre ai provvedimenti non approvati da entrambi i rami del Parlamento, ci sono centinaia di provvedimenti applicativi di leggi entrate in vigore che non sono stati ancora emanati e che di fatto rendono inattuabili molte disposizioni. Si tratta in buona parte di decreti ministeriali. Secondo il monitoraggio dell’ufficio di programma di Palazzo Chigi, ce ne sono ancora 99 che si trascinano dai governi Monti (58) e Letta (41) mentre sono 169 quelli relativi a provvedimenti dell’esecutivo Renzi. Restano tra l’altro da adottare 16 provvedimenti attuativi della legge di Stabilità 2015, trenta di quella 2016 e 32 della legge di Bilancio 2017. I governi della legislatura hanno tutti promesso di aumentare il tasso di autoapplicabilità dei loro provvedimenti. Esso è stato intorno al 63% nel 2015 e 2016 ma è sceso al 40% nel 2017, tornando ai livelli del 2014.
Boom di gruppi e cambi di casacca Alla Camera si contano attualmente ben 11 gruppi parlamentari: tre di maggioranza, sette di opposizione e il gruppo Misto. Al Senato i gruppi sono addirittura 12: 4 di maggioranza, 7 di opposizione e il gruppo Misto. Dall’inizio della legislatura a oggi sono 345 i parlamentari che hanno cambiato gruppo di appartenenza: 207 alla Camera e 138 alla Camera. Diversi lo hanno fatto più volte e quindi i cambi di casacca sono stati in tutto 546. Il record spetta al senatore Luigi Compagna con ben 9 cambi di gruppo.