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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Le mille vite di Boccioni maestro con il pennello e anche con la penna

CESARE DE SETA Nella storia del primo Novecento sono frequenti i casi di pittori-scrittori: capaci cioè di esprimersi con il pennello e la penna con convincente proprietà. Il primo è Umberto Boccioni morto nel 1916 in guerra a soli 34 anni, con lui Carrà, Soffici, i fratelli de Chirico, Sironi. Oltre ad essere il più grande pittore e scultore del futurismo, Boccioni scrive Pittura, scultura futuriste (1914), un saggio fondante del movimento, con la revisione di Roberto Longhi. Boccioni è sempre accanto a Marinetti dopo il lancio del Manifesto (1910): compagno di strada in ogni mostra, manifestazione e veementi polemiche contro “passatisti” e professori. Scrive La pittura futurista. Manifesto tecnico, a cui segue il Manifesto tecnico della scultura futurista (1912). Umberto ebbe una vita tribolata, con problemi di salute e un temperamento ondivago che passa dalla depressione all’eccitazione. La giovinezza a Catania lo mette in contatto con un’ambiente letterario assai vivace. Nel 1900 si trasferisce a Roma con il padre ma non sa ancora cosa fare e non si iscrive a nessuna scuola. La città offre infinite possibilità: conosce Gino Severini che gli sarà amico per la vita e l’ombroso Mario Sironi: ma Giacomo Balla più vecchio di undici anni li guida. Severini sta un passo avanti rispetto a Boccioni in quanto a capacità tecniche ed è consapevole che Cézanne è la vetta da scalare. Una consapevolezza acquisita solo nel ’16 da Boccioni come è evidente nel ritratto di Ferruccio Busoni. I Tre taccuini che scrive nel 1907-8 sono letti con perizia da Roberto Floriani, Umberto Boccioni. Arte- Vita (Mondadori Electa). L’autore è un noto artista ma scrive con chiarezza e documentazione appropriata, ricordando chi ebbe il merito di riscoprire il futurismo dopo una lunga eclisse. Floriani è molto analitico e segnalo solo taluni aspetti di questa monografia così ben articolata. Nel 1906 i tre sono a Parigi: Boccioni è vivace, ammaliante e si lega ad una signora russa bella e ricca che lo invita a seguirlo in Russia. È il viaggio più lungo della sua vita che, anche da questo punto di vista, è un frenetico girovagare per l’Italia e l’Europa. Sia in Italia che all’estero Boccioni è sempre accanto a Marinetti. Umberto ammira Bergson, Steiner e Nietzsche, è affascinato dalle ricerche patafisiche e teosofiche. Dopo i primi esordi sulla scia di Previati, con la La risata, Visioni simultanee, La strada entra nella casa, il trittico di Quelli che vanno, Quelli che restano, Gli Addii in Boccioni c’è un flusso di coscienza in cui afferma “una legge generale di simultaneità e compenetrazione”. L’incontro a Parigi (1912) con i cubisti, mediato da Severini, è un fallimento. Espone La città che sale a Londra e lo acquista Busoni per una cifra astronomica. Interventisti sfegatati, la guerra-festa li travolgerà: Boccioni e Antonio Sant’Elia restano sul campo. Pagine assai belle dedica Floriani alla distruzione di molte sculture in gesso (solo poche trasferite in bronzo) che finiscono in una discarica. A ragione l’autore si duole che la ricorrenza della morte non sia stata ricordata come meritava.