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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Milan-Inter, derby da 660 milioni di debiti

Inter-Milan, il derby della Madonnina di Coppa Italia è anche il derby dei debiti. Da una parte quelli appena contratti dal club nerazzurro tramite l’emissione di un bond da 300 milioni. Dall’altra i 360 milioni (compresi gli interessi) che Yonghong Li, atteso oggi a San Siro per la super sfida, deve al fondo americano Elliott entro l’ottobre del prossimo anno. In tutto, sono oltre 600 milioni di debiti per due società entrambe fisiologicamente in perdita da anni.
Chi sperava che le nuove proprietà cinesi iniettassero liquidità come è stato fatto dai reali del Qatar sul Paris Saint Germain o dallo sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan sul Manchester City, è rimasto deluso. Le continue strette del Governo di Pechino sugli investimenti all’estero – l’ultima di alcuni giorni fa – hanno bloccato ogni velleità in questa direzione.
Tuttavia c’è una sostanziale differenza tra il debito dell’Inter e quello del Milan. Innanzitutto la scadenza: quello dell’Inter, appena contratto, andrà rimborsato nel 2022. Il Milan invece si trova in una situazione da conto alla rovescia: in dieci mesi andranno liquidati 360 milioni ad Elliott. In particolare l’emissione dell’Inter, seguita dall’americana Goldman Sachs come bookrunner e dall’italiana Ubi Banca come co-manager oltre che dallo studio Latham Watkins, è il primo caso di vendita al mercato di un bond di un club calcistico europeo dopo quello che ha consentito al Manchester United di risolvere i problemi debitori nel 2010. L’offerta ha raccolto manifestazioni di interesse doppie rispetto alla richiesta, malgrado il rischio sulla stretta degli investimenti esteri dalla Cina. Tra i sottoscrittori ci sarebbero una trentina di fondi esteri ed italiani: colossi come Norges Bank, ma anche Blackrock fino a piccoli istituzionali come Ver Capital.
A convincere gli istituzionali sono state le garanzie sul flusso di cospicua liquidità della media company (che gestisce i diritti) e la garanzia indiretta a favore del bond fornita da Suning, uno dei retailer dell’elettronica più potenti al mondo che fa capo all’imprenditore Zhang Jindong. Finora Suning è stata oculata negli investimenti: quelli per i calciatori sono stati pari in estate a 83 milioni con stipendi complessivi per circa 94 milioni. Il bilancio d’esercizio al 30 giugno si è chiuso ancora in rosso, seppur in diminuzione rispetto al 2016: con una perdita di 24 milioni di euro, in miglioramento di circa 35 milioni rispetto al 2016 (che si era chiuso, a livello consolidato, con un rosso di 59 milioni). Nel 2018 il gruppo cinese dovrà probabilmente ricomprare la quota del 30% ancora in mano all’indonesiano Erick Thohir.
Se dunque l’Inter ha deciso di autofinanziarsi con l’emissione di un’obbligazione impegnandosi con trenta isituzionali, dall’altra parte il Milan vivrà nel 2018 un’annata cruciale per il futuro.
Yonghong Li, uomo d’affari quasi sconosciuto in patria, oggi dovrebbe essere a San Siro per il derby. Mr Li è stato capace di orchestrare l’acquisizione da 700 milioni di euro del Milan nello scorso aprile, portando un piccolo tesoro nella casse della Fininvest, e di mettere in piedi una campagna acquisti faraonica da oltre 200 milioni di euro.
Ma a ottobre dovranno essere restituiti 305 milioni di euro al fondo americano Elliott (180 milioni dalla Rossoneri Sport e il resto dal Milan) a cui vanno aggiunti interessi attorno ai 60 milioni da restituire in un’unica rata. Ma non è tutto: nel 2018 dovranno essere pagate le rate ulteriori per l’acquisto dei giocatori dell’ultima campagna acquisti (dove si è utilizzata una caparra da 50 milioni) e in più sul bilancio andrà a ripercuotersi l’aumento degli ingaggi. Gli stipendi del Milan, della rosa della prima squadra, saranno tra i 110 e i 120 milioni. Nel 2018 potrebbe essere richiesta una montagna di soldi, attorno ai 400 milioni di euro. Le speranze sono riposte nel rifinanziamento con il fondo Hps Investment Partners, ex divisione del fondo internazionale Highbridge. Ma la trattativa si sarebbe allungata e la conclusione non sembra così ovvia. Così i consulenti dell’amministratore delegato Marco Fassone avrebbero già sondato altri possibili soggetti con cui aprire un negoziato: sempre, secondo i rumors, gruppi finanziari americani disponibili a valutare il dossier.