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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Cina, otto anni di carcere al blogger scomodo Wu

Una pena severa, tra le più pesanti finora inflitte a un attivista, quella decisa ieri per Wu Gan da un tribunale di Tianjin. Al noto blogger, tra i più caustici nelle sue critiche al sistema di potere, riconosciuto colpevole di «sovvertimento del potere statale», sono stai dati otto anni di carcere. Una punizione esemplare, pur tra le molte che hanno finora colpito nell’ultimo biennio un nutrito gruppo di attivisti e di legali impegnati nella tutela dei diritti umani, che segnala la crescente intransigenza delle autorità verso chi sfida il ruolo-guida del partito o ne critica i metodi e risultati.
“Super Vulgar Butcher”, “Macellaio super-volgare” (il suo pseudonimo di blogger) era stato arrestato il 15 maggio 2015, all’avvio della campagna contro il gruppo “709” che ha finoraportato alla condanna di duecento individui.
Oltre che di critica del sistema che avrebbe inteso destabilizzare, Wu è stato accusato anche di «diffondere informazioni false» e di avere «insultato altri online». In realtà, a rendere anzitutto popolare il blogger-attivista, è stato il suo stile, senza compromessi fino al punto della caricatura. Un critico del sistema che si autodefinisce «macellaio» proprio per la volontà espressa più volte di arrivare al confronto aperto con le autorità, fino a «macellare i maiali». Uno stile ma anche iniziative concrete veicolate perlopiù attraverso la Rete, che gli hanno dato notorietà nonostante la stretta censura di regime, ma che gli hanno pure attirato rispetto e considerazione da parte dei difensori dei diritti umani.
Al punto da diventare, come sottolinea Patrick Poon, analista di Amnesty International, «una figura rappresentativa nella conduzione di iniziative a sostegno dei difensori dei diritti umani e in importanti casi di abusi». Una figura senza compromessi, che ha sempre rigettato le accuse contro di lui. Di conseguenza, la sentenza dei giudici che lo ha colpito ieri è destinata anzitutto, per il suo avvocato Yan Xin, a «essere un esempio per altri attivisti, per costringerli a dichiararsi colpevoli quando accusati di crimini contro lo Stato».