Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Cosa sta facendo in Alitalia Gubitosi, il manager travestito da commissario

Alitalia? Sta bene, grazie. Chiunque faccia un giro oggi tra il personale che opera nelle palazzine che a Fiumicino ospitano la compagnia commissariata, ricava la sensazione che il peggio sia passato e che per il vettore possa esserci un futuro. Eppure la procedura di vendita è ancora aperta, il principale aspirante acquirente, Lufthansa, continua a tirare sugli esuberi, i sindacati non hanno ancora firmato nessun accordo. Ma soprattutto tutti, a partire dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ci tengono a precisare che la compagnia non sarà più quella di una volta, con chiaro riferimento al suo perimetro. 

Lo scenario
Il fatto è che in Alitalia (come sempre) sta succedendo in piccolo quello che succede in Italia. In cabina di pilotaggio da maggio c’è un terzetto di commissari guidato da Luigi Gubitosi, chiamato per condurre la compagnia alla vendita dopo il tracollo del modello Etihad, allo stesso modo in cui Paolo Gentiloni entrò a Palazzo Chigi un anno fa, dopo la sconfitta referendaria di Matteo Renzi, per guidare il Paese a nuove elezioni. Dimostrando che in Italia niente è più stabile di ciò che è transitorio, entrambe le gestioni commissariali stanno andando ben oltre il loro mandato, sostenute peraltro da un certo consenso.
Il che spiegherebbe, ad esempio, perché in Alitalia Gubitosi è stato ribattezzato «San Luigi». Al netto delle critiche che soprattutto i sindacati di base non gli fanno mancare e di qualche ironia, l’ex direttore generale della Rai ha stabilito un rapporto friendly con i dipendenti, mettendo a loro disposizione la propria casella di posta elettronica per qualsiasi necessità. Il fatto di essere stato sommerso da centinaia di richieste non ha scoraggiato Gubitosi che ha promesso di rispondere a tutti. «I vostri suggerimenti sono preziosi – ha scritto in una lettera ai dipendenti a giugno scorso —. Resto a disposizione per eventuali chiarimenti su qualunque argomento di vostro interesse (tipo false voci sull’abolizione delle navette etc.)». Richieste spicciole, come quella di cambiare un albergo troppo scomodo, o più importanti, come rassicurazioni sui percorsi di carriera dei comandanti. Appelli raccolti anche a voce, nei giri che Gubitosi pare faccia tra le palazzine di Fiumicino, offrendo un caffè a chi lo ferma per parlargli.
È stato così che tra le diverse istanze è arrivata quella di cambiare le divise delle hostess che furono introdotte nel giugno del 2016 con grande battage pubblicitario e con scarsi risultati di immagine: a partire dalle polemiche stilistiche sul disastroso colore delle calze «verde bottiglia», presto sostituite da altre di colore neutro. Per non parlare dell’obiezione dei sindacati sull’incendiabilità dei tessuti, composti prevalentemente di materiale sintetico. Ora, tutto ci si può aspettare da una gestione commissariale, tranne che si preoccupi di cambiare il vestiario dei lavoratori, eppure qualche giorno fa è stato annunciato che sarà rinnovato e firmato da Alberta Ferretti. E i soldi? Cambio-merci: servizi contro biglietti. La stessa politica adottata per arruolare nelle nuove pubblicità di Alitalia il fior fiore dei personaggi televisivi che Gubitosi ha catturato grazie alle sue vecchie frequentazioni in Rai e ai rapporti personali. Ma possono bastare questi piccoli accorgimenti per garantire al commissario una tranquilla navigazione? Evidentemente no. Quello che più ha rassicurato i dipendenti è stato il fatto che nel piano di riduzione delle spese, che ha portato per ora a più di cento milioni di risparmi, la voce «costo del lavoro» non sia comparsa. Si è agito sul prezzo del carburante, è stato rinegoziato qualche contratto con i fornitori, si è tentato di fare altrettanto sui leasing. Punto. 
La prova più grande però deve ancora arrivare: la trattativa con Lufthansa, più tesa grazie alla provvidenziale comparsa di un concorrente, oltre a Easyjet il fondo Cerberus, sta maturando. La compagnia tedesca chiede una riduzione dei dipendenti da più di 11 mila a seimila.
La parola-chiave di Gubitosi & Co. è «ricollocazione». Il comparto handling, con i suoi più di tremila dipendenti, dovrebbe essere esternalizzato con la garanzia di ottenere lavoro per almeno un biennio. La manutenzione, circa 1.400 dipendenti, dovrebbe restare intatta grazie al recupero di lavoro ottenuto annullando i contratti con le aziende israeliane. L’annuncio lo ha dato lo stesso Gubitosi martedì scorso, convocando i sindacati simbolicamente in un hangar. Dei 1.600 piloti, circa 400 dovrebbero essere riprotetti in altre compagnie dell’ambito di Lufthansa, di certo tutti quelli della linea CityLiner. Il sacrificio degli assistenti di volo potrebbe essere circoscritto a 800-1.000 unità. Stessa sorte per un migliaio dello staff di terra. Tra i sindacati circola la voce che gli esuberi veri, cioè senza riprotezione, per ora siano circa duemila. 
Ma neanche questo basta. Non c’è trattativa su Alitalia che non passi attraverso il nodo degli scali. Così si rassicura Milano ipotizzando di posizionare lì 20 Airbus 320 (oggi sono 18). Mentre Roma perderebbe i 20 Embraer dei voli regionali e, per ora, cinque dei 24 velivoli per il lungo raggio. Ma è proprio sul mantenimento di questi ultimi che sarebbe in corso l’ultima battaglia.
«Nel periodo giugno-ottobre l’Alitalia ha registrato un Ebitda positivo per 73,9 milioni e, per il secondo semestre si prevede un Ebitda positivo», ha spiegato in audizione alla Camera Gubitosi qualche giorno fa, tralasciando che molte delle rotte di lungo raggio, soprattutto centroamericane continuano a perdere. E ancora: «Da gennaio il sito web sarà completamente rimodernato». Oppure: «Nella stagione estiva 2018 ci sarà il ritorno in Africa». Chiunque abbia ascoltato Gubitosi in audizione ne ha tratto la netta impressione che il suo vero obiettivo sia condurre la compagnia per tutta la stagione estiva fino alla restituzione del prestito-ponte prevista a settembre, dunque ben oltre il voto di primavera. Un po’ come si dice che possa avvenire per Gentiloni, che molti danno in sella anche dopo le elezioni.
Ma qui il parallelismo tra i due commissari-non commissari pare destinato a esaurirsi, se è vero che di recente il ministro Calenda ha collocato la chiusura dei negoziati su Alitalia prima delle urne.
Segno che per l’esecutivo Gentiloni l’accordo che si sta configurando è spendibile in campagna elettorale. Lo slogan è già scelto: «Basta soldi pubblici per salvare Alitalia». Speriamo che questa volta sia vero.