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 2017  dicembre 27 Mercoledì calendario

Sponsor in fuga dai bus dell’Atac. L’ultimo scivolone della capitale

Roma La pubblicità è l’anima del commercio. Lo stesso adagio, nella capitale, dovrebbe essere valido anche per il trasporto pubblico. Peccato che Atac, il gigante malato con un buco in bilancio da 1,4 miliardi di euro e un concordato al vaglio del tribunale fallimentare, ora sia costretta a giocare al ribasso. Per concedere al miglior offerente 2.607 bus, filobus e tram da reclamizzare per i prossimi 5 anni partirà da una base d’asta di 20,5 milioni. Il crollo verticale rispetto ai 29 milioni richiesti nel 2015 dipende da tre fattori: il disastrato parco mezzi, il tracollo del sistema economico di Roma e pure la lentezza del Campidoglio M5S.
Ormai uno e trino, è Paolo Simioni a improvvisarsi cronista del disastro. Presidente, ad e dg, il manager di Treviso di nomina grillina è di un realismo spietato. E nel provvedimento che accompagna il bando mette nel mirino pure il Comune pentastellato: il nuovo piano dei cartelloni pubblicitari avrebbe dovuto sgomberare le strade e incentivare gli spot sui bus, ma per ora resta solo su carta.
Ma sono la scarsa attrattività di Roma e il pessimo stato salute della stessa Atac a pesare come macigni: «Il contesto romano – scrive Simioni – disincentiva i grandi investitori nazionali e soprattutto internazionali». Degrado? Non solo. La metro londinese con i suoi pannelli digitali e il puntuale viavai di bus a due piani appaiono lontani anno luce. A Roma si combatte con scioperi a raffica e guasti – autocombustioni incluse – che lasciano ogni giorno decine di mezzi in officina. La stoccata di Simioni sulle vetture è automatica: «L’effettiva disponibilità è ridotta da problemi di esercizio, con conseguente incertezza riguardo alla possibilità di realizzare campagne pubblicitarie nei termini concordati».
Ecco, allora, è scattato lo sconto: 20,5 milioni per evitare che la gara vada deserta. Il rapporto con la francese Igp Decaux, attuale partner per gli spot su bus e tram, è scaduto a fine settembre. E la partecipata, che nel 2009 guadagnava 16,2 milioni dalle pubblicità e nel 2016 si è fermata a quota 8,3, non può proprio restare a secco.