la Repubblica, 23 dicembre 2017
L’amaca
Ci sono notizie italiane che paiono sortite da scadenti, risaputissime sceneggiature di B-movie. L’aggravante è che i B-movie non si fanno più da tempo (ormai mancano i soldi anche per le cose brutte) e dunque chi interpreta quelle scenette lo fa in omaggio a una tradizione estinta. Attorucoli di un teatro morto. Esempio: quelli che a Napoli rubano l’albero di Natale davanti a Gambrinus, e lo fanno immancabilmente ogni anno, quest’anno usando la motosega.
Non esiste niente di più squallido del macchiettismo regionale italiano, il napoletano mariuolo, il veneto brillo, l’emiliana vogliosa, il ligure avaro, il romano sboccato, il toscano fanfarone, il milanese frettoloso e tutto il vecchio armamentario provinciale, come se con i voli low cost non viaggiassimo tutti, da anni, lontano dal puzzo dei nostri tinelli, dall’Italietta strapaesana sconciamente uguale a se stessa.
E invece no, ci sono ancora dei vecchi minchioni (qualunque sia la loro età anagrafica) che a Napoli rubano l’albero della città e se lo portano, secondo copione, nei Quartieri Spagnoli, tra i panni stesi e i pittoreschi richiami delle donne al davanzale.
Beh, fanculo anche i panni stesi e i pittoreschi richiami, fanculo l’eterna commediola italiana inchiodata alle quattro assi di un palcoscenico inguardabile.
Bisognerebbe introdurre nei codici un nuovo reato: abuso di identità locale.