La Stampa, 23 dicembre 2017
L’87enne di Cava de’ Tirreni: Io, terremotata dell’Irpinia e i miei 37 Natali da sfollata passati dentro un container
Sul fuoco ribolle un brodino di verdure, la televisione trasmette il solito gioco a premi e la signora Lucia Senatore, 87 anni, invalida al 50 per cento, aspetta l’ora di cena accanto alla stufa a gas.
Per il trentasettesimo anno consecutivo della sua vita, si prepara a passare il Natale nel container numero 59 del campo sfollati in frazione Pregiato a Cava de’ Tirreni. «Il mio container lo curo al massimo», dice guardando i cavi elettrici che penzolano dal soffitto. «Mi vergogno delle cose che non funzionano. Ho fatto mettere una nuova finestra, ma restano gli spifferi e piove dentro. Il mio sogno era avere una casa vera, non credo si realizzerà».
Lo sconquasso
È ancora una terremotata dell’Irpinia, l’ultima sfollata. Vive sempre nello stesso posto che le diedero per ripararsi dallo sconquasso che il 23 novembre 1980 provocò 2914 morti e lasciò senza casa 280 mila persone. Le avevano promesso che almeno quest’anno ce l’avrebbero fatta a sistemarla in un alloggio normale, una casa con i muri spessi e qualche vicino con cui parlare. Ma mantenere le promesse non è mai stato il nostro forte.
«Della scossa ricordo tutto. La notte in strada, al gelo, passata a stringere mio figlio. Quando fummo trasferiti in questa campo con altre 137 famiglie, ci misero subito in guardia: “Sono casette temporanee di lamiera, durano poco“. Dovevano servire solo per fronteggiare l’emergenza. Avevano un’abilità massima di 5 anni». Tutti i tetti erano di Eternit. Lo sono ancora. L’amianto non è mai è stato smantellato.
La signora Lucia Senatore ha fatto l’operaia alla Manifattura Tabacchi, poi la bidella per più di metà della sua vita. Da questo container andava a scuola e tornava indietro, da qui va a prendere la pensione da 830 euro al mese quando se la sente di uscire. Sempre qui viene a trovarla suo figlio e arriva il medico della mutua. L’indirizzo è scritto anche sulla carta d’identità: «Via Luigi Ferrara, prefabbricato 59». Ma come è possibile che sia successo?
«Quando vado a chiedere in Comune, mi rispondono che il problema è che sono single, abito da sola». E cosa c’entra? «Per me ci vorrebbe un alloggio di piccola metratura, ma loro non li hanno. Però ho scoperto che hanno assegnato una casa di 45 metri quadrati a una amica di un impiegato dell’ufficio tecnico, l’hanno data a dei finti separati, ad altri che occupavano i container abusivamente. A me sono sempre piaciute le cose oneste e educate, per questo sono qui».
La collina
Le abitazioni nuove dei terremotati sono state costruite sulla collina, cento metri più su, davanti al centro anziani. Ma dei 365 alloggi previsti dal piano della ricostruzione, ne sono stati completati 210. I finanziamenti della Regione Campania sono arrivati lentamente e a singhiozzo. Le imprese hanno denunciato il Comune di Cava de’ Tirreni per inadempienza. Il Comune ha fatto causa alla Regione per i ritardi e alle imprese stesse perché gli infissi dei nuovi appartamenti non tengono la pioggia. Intanto, un’indagine dei carabinieri ha scoperto che più di venti assegnazioni erano state fatte sulla base di «dichiarazioni mendaci»: alloggi dati a persone che non ne avevano diritto. Non erano neppure terremotati.
Fra le case nuove e i vecchi container, c’è un campo da calcio da cui ogni tanto arrivano le urla di un allenatore. I prefabbricati di via Luigi Ferrara sono spettrali. La porta del numero 10 è chiusa con due giri di cordino, piante rampicanti occupano il 42, qualcuno ha usato il numero 16 come bagno, il 40 è completamente distrutto come se fosse stato preso a mazzate. Il penultimo container è abitato da una famiglia povera con tre figli, fra topi e rifiuti. Il container della signora Senatore si riconosce. È verdino. Curato. Con una pianta accanto all’ingresso e un piccolo cane alla catena sul retro.
«Mi hanno detto che la mia prima domanda per le case della ricostruzione era sbagliata, aveva un vizio di forma. La seconda andava bene, ma nel frattempo non ero più in cima alla graduatoria. Poi, tre anni fa, mi hanno offerto un’altra abitazione provvisoria. “Una casa parcheggio“, la chiamano loro. Ma era senza camera da letto. Dopo tutto questo tempo di attesa, mi sono sentita presa in giro e ho capito che stanno solo aspettando che io muoia».
La dolcezza
La vita al campo container di Pregiato ha riservato qualche dolcezza che la signora Senatore non avrebbe mai immaginato. «Un giorno di tanti anni fa, andando a ballare al centro anziani, ho conosciuto Giovanni, un signore bravissimo. Io gli volevo troppo bene. È morto nel 2014 e mi manca tutti i giorni». Ecco la foto del signor Giovanni. «Era troppo gentile. A giugno mi portava al mare, teneva le mozzarelle in un sacchetto con il ghiaccio e la sdraio pieghevole nel bagaglio della sua auto. Andavamo a mangiare al ristorante “La Selva“e molto spesso veniva a cena qui. Con lui ho passato i natali più felici nel container. Mi diceva: “Vedrai che presto andrai via e faremo una grande festa“».
Durante la trentasettesima commemorazione del terremoto dell’Irpinia, il vicesindaco di Cava de’ Tirreni Nunzio Senatore, parlando con un giornalista di Anteprima24, era stato categorico: «Entro l’anno tutti avranno una degna sistemazione e si porrà fine a questa brutta pagina della nostra città che dura da oltre trent’anni e che ha visto campi destinati al post terremoto diventare anche un ghetto». Nel ghetto c’è ancora vita. Ancora rabbia e degrado. E c’è lei, Lucia Senatore.
L’assessore
«Mi dispiace molto per questa situazione», dice Antonino Attanasio assessore al Patrimonio e capo della polizia municipale di Cava de’ Tirreni. «Mi rendo conto che il quadro possa apparire sconfortante, ma noi ce la stiamo mettendo tutta per ripristinare la legalità. Ci sono state delle lungaggini pazzesche. C’è stata gente che ha cercato di approfittare della situazione. Da tre anni stiamo lavorando con la procura per mettere tutto in regola, entro marzo le ultime case saranno assegnate ai legittimi proprietari. Anche il nuovo appartamento della signora Senatore sarà pronto, negli ultimi tempi è stata un po’ irragionevole, non ha voluto accettare una casa parcheggio. Ma nel 2018…».
Lucia Senatore sa cosa pensano di lei. Da 37 anni è parcheggiata in questa baracca. Adesso è l’ora di cena, si alza con l’aiuto di un bastone: «Mi sono passati davanti tutti, questo è il grande rimpianto della mia vita. Dovevo essere più arrabbiata. Ma non voglio morire qui». Fuori è buio. Una nuvola nasconde ler stelle. Il cane abbaia agli sconosciuti. Buon Natale dal container 59.