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 2017  dicembre 26 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - MATTARELLA SCIOGLIE LE CAMEREROMA - Il presidente della Repubblica ha ormai la penna in mano per firmare lo scioglimento delle Camere che, preso atto della conclusione della legislatura, potrebbe siglare già  giovedì

APPUNTI PER GAZZETTA - MATTARELLA SCIOGLIE LE CAMERE

ROMA - Il presidente della Repubblica ha ormai la penna in mano per firmare lo scioglimento delle Camere che, preso atto della conclusione della legislatura, potrebbe siglare già  giovedì. E il Consiglio dei ministri - che domani si riunisce ma per parlare delle missioni all’estero - probabilmente lo stesso 28 dicembre (o al massimo venerdì) varerà il decreto che fissa le nuove elezioni per il 4 marzo prossimo.

Il timing sull’asse Quirinale-Palazzo Chigi è definito. Gli appelli di ’Italiani senza cittadinanza’, oltre di Radicali e Verdi, ma anche di esponenti del Pd, che hanno chiesto a Sergio Mattarella un rinvio per tentare di approvare lo Ius soli, trovano il capo dello Stato molto attento e sensibile al tema cittadinanza. Ma il clamoroso flop del numero legale in Senato l’ha trasformata praticamente in una missione impossibile.

A malincuore perciò al Quirinale, che si era speso molto per un via libera, si registra come ancora una volta nei partiti siano saltati numeri e volontà per far passare la legge. Scenario che non cambierebbe anche accordando dei tempi supplementari. Con il rischio di altri scivoloni e nuove pessime ’esibizioni’ politiche.

Così, il giorno buono per la firma dello scioglimento resterebbe dopodomani, quando al rientro dalla pausa natalizia il capo dello Stato chiamerà al Colle i presidenti della Camera e del Senato. Ascoltati Pietro Grasso e Laura Boldrini, il capo dello Stato metterà in moto la procedura con la sua firma al decreto dello scioglimento del Parlamento.

E ne darà l’annuncio con un comunicato ufficiale del Quirinale: "Sentiti il presidente del Senato della Repubblica e il presidente della Camera dei deputati, il Senato e la Camera sono sciolti". Nello stesso giorno il premier Paolo Gentiloni sarà impegnato, in mattinata, nella conferenza stampa di bilancio, a Montecitorio. Il Consiglio dei ministri potrebbe tenersi nello stesso pomeriggio o al massimo venerdi, con all’ordine del giorno la data di svolgimento delle prossime elezioni, un compito che spetta al governo.

Verrà indicato il  4 marzo, fissando i tempi di apertura della campagna elettorale e della convocazione della prima seduta delle nuove Camere. Con questo decreto in tasca, Gentiloni salirà al Quirinale. Il premier controfirma il decreto di scioglimento del Parlamento emanato dal capo dello Stato, Mattarella a sua volta firma il decreto di Palazzo Chigi con la data del voto. Gentiloni non si dimetterà. Il presidente della Repubblica lo pregherà di restare in carica, ringraziandolo per il lavoro svolto nell’ultimo anno.

E non pare solo un ringraziamento formale, perché potrebbe ancora esserci bisogno di lui, dopo il voto. Anche se il presidente della Repubblica, nonostante gli scenari da sabbie mobili post elettorali, come ha detto negli auguri di Natale alle alte cariche, guarda con "fiduciosa serenità" all’appuntamento. Concetti che ribadirà nel discorso del 31 dicembre agli italiani. Anche se c’è un pericolo in agguato: la fuga dalle urne. Per scongiurarla, Mattarella si è augurato che vengano avanzate proposte "comprensibili e realistiche, capaci di suscitare fiducia, sviluppando un dibattito intenso, anche acceso ma rispettoso".

È, questa, una strada per "ridurre astensionismo elettorale e disaffezione per la vita pubblica". Il capo dello Stato inoltre invita a non temere gli effetti della nuova legge elettorale, mentre comincia il conto alla rovescia verso le urne. Per Mattarella infatti il Rosatellum ha introdotto "regole omogenee e non dissonanti". Nel merito le opinioni possono essere "legittimamente difformi" ma rappresentano "il risultato di una scelta del Parlamento".

Ovvero, chi gli aveva chiesto di bocciarla come incostituzionale non ha fatto i conti proprio con il dovere della firma su una decisione a grande maggioranza delle Camere. Una scelta che evita "l’anomala condizione" di chiamare al voto gli elettori con quel che restava di due leggi parzialmente cancellate dalla Consulta.

UMBERTO ROSSO Risponde • In che modo calerà il sipario su questa XVII legislatura? Il presidente Mattarella convocherà al Quirinale i presidenti di Camera e Senato, con tutta probabilità giovedì prossimo, 28 dicembre, appena rientrato a Roma dopo la pausa natalizia trascorsa a Palermo. Sentirà Grasso e Boldrini sullo stato dei lavori parlamentari. Ma dopo il via libera alla legge di bilancio in Senato, e il rinvio dello ius soli per mancanza del numero legale, di fatto l’attività legislativa è esaurita. • La convocazione dei presidenti delle Camere è un atto dovuto? Sì, in base all’articolo 88 della Costituzione il capo dello Stato deve acquisire il loro parere. Il potere di scioglimento è comunque un atto di sua esclusiva pertinenza. Quindi Sergio Mattarella, dopo l’incontro, emanerà il decreto di scioglimento del Parlamento, che deve essere controfirmato dal presidente del Consiglio. • Come sarà annunciato lo scioglimento? Con un comunicato ufficiale del presidente, anche se talvolta in passato a darne notizia è stato il segretario generale del Quirinale. Un annuncio in pochissime righe. • E la data del voto? Appare certo che andremo alle urne domenica 4 marzo 2018. La data sarà ufficializzata dal governo nella sua ultima riunione di fine anno. Il 27 dicembre è convocato un Consiglio dei ministri sulle missioni all’estero. Poi, il 28 pomeriggio (in mattinata conferenza stampa di Gentiloni) o al massimo il giorno dopo, all’ordine del giorno ci sarà la data del voto. Con l’approvazione di uno specifico decreto, che fissa anche la convocazione dei comizi elettorali e la prima seduta delle nuove Camere. • Quando Gentiloni salirà al Colle? Fra giovedì e venerdì prossimo e porterà il provvedimento che convoca le elezioni, affinchè lo sottoscriva il presidente della Repubblica. Gentiloni controfirmerà anche il decreto di scioglimento delle Camere. Non ci saranno dimissioni del presidente del Consiglio, che non è stato sfiduciato, e resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del nuovo Parlamento. È uno scioglimento anticipato? La legislatura si chiude un paio di mesi prima, visto che la scadenza naturale cadrebbe il 15 marzo. Ma è un anticipo più che altro tecnico, poiché non è innescato da una crisi di governo.