Corriere della Sera, 24 dicembre 2017
«Il mio fidanzato più giovane mi ha corteggiato all’antica. Vorrei essere Judi Dench». Intervista a Claudia Gerini
Claudia Gerini, esattamente trent’anni fa, lei esordiva in «Roba da ricchi» di Sergio Corbucci. Com’era quella sedicenne?
«Determinata, allegra, non si perdeva in niente. Erano anche tempi in cui i film si giravano in bei posti e si stava nei grandi alberghi, a Nizza, a Cannes. Io mi sentivo già a casa. Il set, da allora, è il mio luogo di amore, di crescita… È il luogo a cui appartengo».
Ha girato sessanta tra film e fiction. Com’è iniziato tutto?
«Dal ballo. Ne vado ancora così pazza che, a un evento a Roma, mi sono appena esibita per puro diletto in una coreografia di Feedback di Janet Jackson. Da bambina, mi sfrenavo sul terrazzo di casa sui pezzi funky di Chaka Khan. A 13 anni, ritagliai una cartolina da Cioè, cercavano adolescenti che ballavano e cantavano: mi ritrovai a vincere “Miss Teenager” e poi iscritta a un’agenzia di casting. Facendo provini, sentii che la recitazione era il modo in cui volevo esprimermi».
La sua primogenita Rosa è salita sul set a 13 anni.
«Ha fatto tutto da sola, la stimo. Quando mi ha detto che voleva fare l’attrice, le ho spiegato che sarebbe andata incontro a tanti no e che non doveva abbattersi. Invece, alla seconda audizione, l’hanno presa per una fiction di Marco Risi su Raiuno».
Lei quanti no ha ricevuto?
«Il no era la routine. Era il sì che mi suonava strano. Ma sono ottimista, non mi crogiolo nel dolore, sento di non essere mai arrivata. Conosco attrici affermate che non fanno provini per principio, io se so di un bel progetto, mi offro. I fratelli Manetti, per Ammore e Malavita, li ho letteralmente tampinati: mi piaceva il ruolo di Maria, che parla napoletano, canta, balla».
Ha messo in guardia sua figlia anche dalle molestie nel cinema?
«L’ho messa in guardia in generale: il mio mestiere non è più pericoloso che lavorare in un ospedale o in un ufficio. L’uomo è atavicamente predatore, questo è un dato di fatto, anche se ovviamente non giustifica la violenza».
Però gli scandali sessuali sono scoppiati su Harvey Weinstein o Fausto Brizzi.
«Mi auguro che questa vicenda insegni alle donne a stare all’erta, cioè ad andarsene appena subodorano il pericolo e che insegni loro a conquistare più assertività: devono sentire che meritano di stare dove sono e che, per ottenere qualcosa, non sono tenute a scambiare favori sessuali».
Anche lei è finita nel tritacarne.
«Ho dovuto querelare la modella Zoe Brock e i siti che hanno ripreso, male, le sue parole. Hanno riportato che le ho proposto sesso a tre, mi hanno attribuito virgolettati inesistenti. Ma questa ragazza, di cui non mi ricordo neanche ora che ho visto le foto su Internet, ha detto tutt’altro».
Parlava di lei e del suo ex di fine anni 90, Fabrizio Lombardo della Miramax di Weinstein. E in effetti su Medium, Brock ha scritto solo che la ospitaste ma c’era un unico letto, perciò vi disse «non vi farò da terza ruota» e dormì sul divano.
«Fra l’altro, io e Fabrizio abbiamo avuto sempre case grandissime e piene di stanze: è impossibile che ospitassimo qualcuno sul divano. Ma oggi si butta tutto nel calderone, tutto è fuori controllo: avances, molestie, violenze sono diventate la stessa cosa».
Conosce sia Weinstein sia Brizzi, che idea si è fatta?
«Ho sempre visto Weinstein con la moglie di allora, Eve, ma si capiva che gli piacevano le donne. Su Brizzi, credo che la verità stia nel mezzo: se ha dato fastidio a qualche ragazza, bisogna capire come».
L’Italia è un Paese maschilista?
«L’italiano medio vuole ancora la moglie che gli serve la cena, gli riscalda il letto e non fa l’amministratrice delegata. Siamo al paradosso che un uomo che accudisce i figli lo chiamano “mammo”, come se fare il padre non dovesse essere la normalità. Ma gli uomini spaventati dalle donne indipendenti da me non vengono. Io ho sempre solo costruito con uomini di talento e sensibilità».
Dopo un matrimonio e una figlia con l’imprenditore milanese Alessandro Enginoli e tanti anni e un’altra figlia con il musicista Federico Zampaglione, sta con Andrea Preti, modello, attore, regista e produttore, che ha 17 anni meno di lei. Quanto sente il pregiudizio sulla differenza d’età?
«In questo Paese, se Luigino ha 30 anni più di Francesca, nessuno dice niente. Se Luigina ha tre anni in più, tutti lo sottolineano. E, al cinema, a un quarantenne non mettono vicino una donna di quarant’anni. È normale? Non credo».
Quanto ci ha pensato prima di fidanzarsi?
«Sono un diesel, in amore ho bisogno di tempo. Alla fine, ho ceduto al corteggiamento all’antica di un ragazzo dalle molte qualità e talenti. Ho cercato di capire se lui poteva dare a me e io a lui. Per il resto, vivo giorno per giorno e faccio ogni scelta pensando che sono madre di due figlie».
Quando era incinta di Rosa, la primogenita, disse che voleva essere una mamma-amica. È andata così?
«Credo di sì. Le mie figlie sentono l’autorità, ma mi percepiscono in ascolto. Sono una madre a cui parli senza paura di metterla in angoscia. Essere la confidente e quella che mette le regole è un lavoro da equilibrista, ma va fatto. Se ho una debolezza, è che sono figliona».
Che significa «figliona»?
«Ha presente i bimbi mammoni? Per me è il contrario: sono io che non riesco a staccarmi dalle figlie. Dopo l’estate, ho girato a Ischia A casa tutti bene di Gabriele Muccino, ma ogni quattro o cinque giorni, o venivano loro da me o tornavo io a Roma».
Quanto c’è della serie «Suburra» nella Roma in cui vive?
«In generale, Roma è sciatta, abbandonata, agonizzante. Si sente la corruzione, servirebbe non so quale sindaco mago. Suburra è vista in 190 Paesi, mostra il crimine nella politica e in Vaticano, ma anche una città bellissima, colma di storia. Mi piacerebbe che questo contrasto fosse di stimolo per risanarla».
È appena tornata da Londra proprio per presentare «Suburra». Quest’anno, era anche in «John Wick 2», con Keanu Reeves. Quali altri momenti d’oro ricorda della sua carriera?
«Viaggi di Nozze con Verdone, perché mi fece conoscere al grande pubblico e ancora oggi la gente mi ferma e mi ripete le battute di Jessica. Non ti muovere di Sergio Castellitto, che fu il mio primo film drammatico. Fu un gran momento anche andare ai David incinta di Linda, per Il mio domani di Marina Spada. Ho amato Amiche da morire, perché era una commedia che riportava le donne al centro. Dicono tutti che il cinema è poco friendly con le donne, ma io sono stata fortunata: era una commedia al femminile anche Nemiche per la pelle con Margherita Buy».
Che cosa sogna ancora?
«Una carriera in film internazionali alla Judi Dench».
Per Hollywood non è troppo tardi?
«Dico sempre che il meglio deve ancora venire. Non mi sarei aspettata alla mia età una scena a Caracalla con mille comparse e un abito da regina in un blockbuster come John Wick 2».
Com’è Keanu Reeves?
«Spirituale. Discreto, sta nel suo mondo».
E Mel Gibson, con cui ha girato «La Passione»?
«Era molto ispirato. Non sembrava l’alcolizzato iracondo di cui hanno poi scritto i giornali. Diceva: questo film è così triste, dobbiamo ridere. E si metteva il naso da pagliaccio o nascondeva sulle sedie cuscini che facevano pernacchie. A me disse: si vede che hai iniziato da giovane, mi ricordi Jodie Foster. Ero felice: Foster è una delle mie attrici preferite».
Invecchiare le pesa?
«A volte, se vado con la mente troppo avanti o troppo indietro, devo stoppare i pensieri negativi e ricordarmi di stare nel presente. Però mi sento ancora femminile, non mi lamento ed essere una sportiva aiuta».
Come è diventata cintura nera di taekwondo?
«Linda era piccola e mi faceva paura portarla fuori la sera con il passeggino. Quando ho visto quei calci per aria, così spettacolari, ho pensato: devo saperli fare. Consiglio corsi di autodifesa a tutte le donne: se sai difenderti, emani un altro tipo di vibrazioni. Se hai paura, l’aggressore lo sente e la tua paura lo eccita».
Come si vede a 80 anni?
«In Cambogia, a dare una mano in una casa famiglia. Ho talento coi bambini e non sono sicura di voler fare l’attrice per altri quarant’anni. Ho intenzione di stare comoda, non sono Madre Teresa, ma mi piacerebbe restituire un po’ delle cose belle che ho avuto».