Corriere della Sera, 24 dicembre 2017
Il censimento permanente
ROMA Quanti siamo oggi in ciascuno degli ottomila comuni italiani? Non possiamo rispondere. Quanti maschi e quante femmine? Di che età? Sposati e celibi? Analfabeti e laureati? Niente da fare. Possiamo dire soltanto quanti e come eravamo alla data dell’ultimo censimento, il 2011.
È dai tempi dell’unità d’Italia che andiamo avanti così, per approssimazione. Con censimenti fatti ogni dieci anni – tempi diventati giurassici in questa nostra era – che l’Istat ha deciso non semplicemente di ridurre, ma di eliminare del tutto.
Dal prossimo anno infatti il censimento diventa permanente, con dati freschi, anno per anno. E sarà un censimento 5.0, visto che cinque saranno i campi in cui verrà applicato: oltre alla popolazione e alle abitazioni, anche le imprese, le aziende agricole, le istituzioni pubbliche, quelle no-profit. Il tutto grazie a sofisticati metodi statistici.
Spiega Giorgio Alleva, il presidente dell’Istat che questa rivoluzione ha voluto: «Il censimento permanente è un sistema integrato di registri statistici che combina informazioni provenienti dalle indagini statistiche con quelle di natura amministrativa. Il censimento permanente della popolazione si baserà su indagini campionarie e sfrutterà le informazioni delle anagrafi, dell’Inps e dei ministeri del Lavoro e dell’Istruzione. In più una novità, l’integrazione con le tradizionali indagini sociali dell’Istituto».
Ma non è tutto. I dati della popolazione verranno forniti anche per «griglie» di un chilometro quadrato. Per capire: è come se su ogni comune venisse piazzata una lente d’ingrandimento così da poter mettere a fuoco, volta per volta, la vita di quel pezzetto ristretto di territorio.
Una rivoluzione non più rinviabile. «Non lo è. Sarebbe come vivere con un cervello in cui i neuroni giacciono in compartimenti stagni senza essere in grado di interpretare i fenomeni con cui sono in contatto, che per loro natura investono tutti i sensi e le capacità cognitive», commenta Diego Piacentini che dai vertici di Amazon è arrivato a Palazzo Chigi con il compito di innovare il nostro Paese.
Piacentini ha il compito di attuare una fittissima agenda digitale, dove ai primi posti c’è l’Anpr, un’unica banca dati con le informazioni anagrafiche della popolazione residente, della quale il censimento permanente beneficerà, e viceversa.
Un processo che convince molto Marianna Madia, il ministro della Pubblica amministrazione: «Il censimento permanente è davvero importante: una statistica di alto livello, basata su un’attività costante e strutturata di monitoraggio dei dati, è essenziale per orientare al meglio le politiche pubbliche».
Il censimento permanente, ha anche un risvolto sull’occupazione. Spiega il ministro Madia: «Il provvedimento inserito nella legge di bilancio opera in coerenza con quanto già fatto per rafforzare l’Istat, attraverso il superamento del precariato». Serve forza lavoro stabile per questo progetto che avrà una fase di start up di quattro anni a cominciare dal 2018 e prevede una lavorazione continua dei dati con i registri alla base di questo processo produttivo. I registri sono quelli già esistenti nelle anagrafi e nelle pubbliche amministrazioni.
Ci sono quindi i registri della popolazione, delle attività, dei luoghi, delle unità economiche. Queste informazioni vengono poi integrate con quelle delle rilevazioni di indagini basate su dati di un campione di famiglie (o di imprese o aziende), con in più il punto di forza dell’integrazione con le indagini sociali. «Con questo censimento non ci sarà soltanto un’informazione più tempestiva, ma anche più approfondita e meno costosa», garantisce Giorgio Alleva. E spiega: «Rispetto alla precedente tornata censuaria ci sarà da subito una riduzione della spesa di oltre il 40%».