la Repubblica, 24 dicembre 2017
Il soldato, la bimba e altre scomparse: i misteri del serial killer di Chambéry
Di che cosa stiamo parlando
Otto morti senza un assassino. Una bambina che scompare nel cuore della notte da una festa di matrimonio. Un caporale che riceve una telefonata in discoteca e si allontana. Il suo cranio ricomparirà mesi dopo in un bosco. E poi famiglie uccise in camper, persone che fanno perdere le tracce. A Chambéry è in azione un serial killer?
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CHAMBÉRY L’importante è osservare bene i dettagli. Sono loro che parlano: «Vedi? Questa è la foto di Maelys la sera della festa di matrimonio». Come facciamo ad esserne certi? Domanda da incompetenti. Alexandre è quasi infastidita. Appoggiata al bancone di acciaio lucido fa saltare le ali di pollo nella friggitrice: «Non vedi che è andata dal parrucchiere? Una bambina di 9 anni si concia in quel modo solo per il matrimonio di qualcun altro. Maionese?». No grazie. Dal 27 agosto a Pont de Beuvoisin tutti sono diventati detective. E anche la commessa di “Etoile, pizza e tacos”, l’unico locale aperto alle due del pomeriggio, non fa eccezione.
La foto racconta di una bambina felice, “coiffée”, come dice Alexandre. Sorride e indossa un abitino bianco senza maniche. Il viso guarda i pochi passanti dal marciapiede della provinciale 92, che da Pont de Beauvoisin porta a La Tour du Pin, nell’Isere. Di fianco all’immagine, 11 babbi natale con i cartellini scritti dai piccoli amici. Per dire che anche loro, potessero, sarebbero ancora lì con lei. E poi una richiesta, scritta da una mente adulta, a lettere rosse su uno striscione: “La verità per Maelys”. Quattro mesi dopo la scomparsa di una bambina, solo i bambini sperano di ritrovarla. I grandi si accontenerebbero di conoscere la verità, di capire chi l’ha rapita nel parcheggio qui davanti, fuori dalla sala dove si celebrava il matrimonio.
C’è un’altra foto che potrebbe spiegare come sia possibile che in una notte d’estate, alle tre, una bambina che si diverte sotto gli occhi di tutti, sia sparita nel nulla.Più che una foto è un fotogramma. Si vede l’Audi A3 di «Nono», «quello matto di Domessin».
Matto, perché matto? «Qui sappiamo che è un tipo strano e poi tutti pensano che sia stato lui». La scarica di giustizialismo di Alexandre arriva con il cestino di carta delle patatine fritte. Il vero nome di «Nono» è Nordhal Lelandais, ex militare, addestratore di cani per l’esercito, fisico da palestra, alcool e coca come tentativi disperati per curare la depressione. Nel fotogramma Nono guida la macchina sul ponte sul Guiers che divide in due il paese e segna il confine tra il dipartimento della Savoia e l’Isere. Proprio a venti metri dalla pizzeria di Alexandre.
Di fianco all’uomo, sul sedile del passeggero, si vede una bambina con un vestitino bianco scollato.«Non è lei», contesta Alain Jakubowicz, avvocato del sospettato. Sostiene che «nel fotogramma non si vede nulla» e che anzi «la sera della festa la bambina indossava un vestito girocollo». Chi ha ragione?
Alexandre che serve i tacos vicino al ponte o Alain, legale di fama, uomo politico, rappresentante delle parti civili nel processo contro Kalus Barbie, il gerarca nazista di Lione? Se ha ragione Alain, se davvero la figura femminile sull’Audi non è Maelys, cade una delle prove d’accusa contro Nono. Non l’unica. Ci sono le tracce di dna della bambina sul cruscotto dell’automobile: «È entrata nell’abitacolo durante la festa, i finestrini erano aperti». Ma le tracce sono sul dispositivio che regola i fari. Molto lontano dal volante, è difficile toccarlo per caso. I dettagli sono tutto.
Domessin, dove abita Nono, è un succedersi di ville e cascine che stentano a diventare paese.Nell’unico bar di fianco alla chiesa, una misera down town, Michel e la moglie non parlano con i giornalisti: «Non abbiamo nulla da dire. Siete in questo posto da settimane». Non è piacevole diventare il paese dell’assassino.
La casa di Lelandais è in fondo ai prati, di fianco ai capannoni industriali lungo la statale.Nascosta dalla bruma che sale dalla neve marcita. Ci sono tornati i gendarmi a perquisirla dopo che su Nono è caduta la seconda tegola, l’accusa di aver fatto sparire il caporale Arthur Noyer.
«Era con gli amici ha ricevuto una telefonata ed è uscito», testimonia ai giornali locali uno dei titolari del «Rez de Chaussèé», discoteca nel centro di Chambéry. Da allora solo le celle dei telefonini raccontano il resto. E indicano che quella notte il caporale ha peregrinato negli stessi luoghi di Lelandais. Le tracce elettroniche risalgono verso il confine italiano.Quelle di Nono arrivano vicino a Montmelian dove un turista scoprirà il cranio del caporale lungo un ruscello. Ma non tutto il cadavere. «Tempi di decomposizione dei corpi»: è la ricerca compiuta a fine aprile da Lelandais. La scoprono gli investigatori nel computer della casa di Domessin. Il lavoro dell’avvocato Jakubowicz si fa sempre più complicato. Il suo cliente diventa il sospettato di tutto. Dell’assassinio di quattro persone nel 2012, nel bosco di Chaveline, vicino ad Annecy. Si era salvata solo una bambina, rimasta otto ore sotto il corpo della madre. E della scomparsa di due persone ad Albertville.«È facile attribuirgli tutti i delitti – mette in guardia la giornalaia Nadine – la famiglia di Chevaline penso che non l’abbia uccisa lui».
Bastano gli altri delitti a diffondere la paura, anche adesso che ‘Nono’ è in carcere. Alexandre è intimorita: «E se non fosse lui?Vorrebbe dire che c’è un assassino in giro. Io ho deciso. Il 4 gennaio basta tacos. Faccio le valigie e vado dai parenti a Parigi». Per paura? «Ma no. Per noia. Che cosa ci sarà da fare in questo paese finito l’interesse per il delitto?».