la Repubblica, 24 dicembre 2017
Sei miliardi in contanti: il prezzo per la libertà del principe Al Waleed
I soldi possono molto, ma non tutto: deve averlo pensato nelle settimane passate Rupert Murdoch quando ha provato ad avere notizie dell’uomo che è uno dei punti di riferimento di News Corp. Al padrone dell’impero dei media più potente del mondo da Riad è arrivato un cortese rifiuto: con il principe saudita Waleed bin Talal dal giorno in cui è finito nella retata anti- corruzione voluta dal cugino ed erede al trono Mohammed Bin Salman nessuno può parlare. Ironia della sorte vuole che qualche telefonata a familiari e avvocati sia l’unico contatto concesso a un uomo che sulle comunicazioni, da News Corp a Rotana, passando per Twitter e, in passato, Mediaset, ha costruito l’impero che lo ha reso il più ricco del Medio Oriente.
La retata del 4 novembre ha consolidato la corsa al potere del principe ereditario. E Bin Talal, insieme al cugino Mutaib bin Abdallah, è stato il pesce più grosso nella rete: è finito insieme ad altri 200 dignitari nella prigione dorata del Ritz Carlton, l’albergo più lussuoso e inaccessibile di Riad. Qualche settimana fa il governo saudita ha annunciato che in cambio della libertà agli arrestati veniva chiesto di restituire il maltolto: in tutto sperava di recuperare così un centinaio di miliardi di dollari. Mutaib ha accettato di pagarne uno, ma di Waleed non si è saputo nulla fino a quando, ieri, il Wall Street Journalnon ha reso pubblico il prezzo della sua libertà: sei miliardi di dollari in contanti, un terzo della sua fortuna, che lo costringerebbe a vendere parte dei suoi asset. Il rifiuto di cedere alla richiesta e la volontà di ritornare alla testa del suo impero sarebbero le ragioni alla base della prolungata detenzione.
Nulla di cui chi ha seguito l’ascesa del principe possa stupirsi. Per più di 25 anni, Waleed Bin Talal è stato la faccia dell’Arabia Saudita nel mondo dei soldi, degli affari e del potere. Non c’è stato evento mondano esclusivissimo ( le nozze di William d’Inghilterra) o angolo di paradiso inaccessibile ai più in cui non siano stati avvistati il suo aereo o yacht, riconoscibili per le rifiniture in oro massiccio. Aveva meno di 40 anni quando si offrì di aiutare un costruttore americano in difficoltà acquistando il suo yacht e parte delle sue proprietà immobi-liari: l’uomo si chiamava Donald Trump. Fra i due, nonostante gli affari, non corse mai buon sangue: troppo simili nell’amore per il lusso, gli eccessi, e nella volontà smodata di volere l’attenzione su se stessi. Tutto l’opposto di quel Rupert Murdoch di cui Waleed è, oltre che socio, amico personale: schivo e riservato l’uno, arrogante e ansioso di protagonismo l’altro, insieme i due hanno fatto di News Corp un gigante dell’informazione. Un’operazione che Bin Talal aveva già messo a punto, in proporzioni minori, in Italia quando aiutò Silvio Berlusconi a lanciare in Borsa le sue tv. Con l’ex premier Bin Talal ha mantenuto rapporti cordiali: gli stessi che lo legano a Bill Gates, con cui ha in comune diversi progetti filantropici.Amico dei potenti e maniaco dell’immagine, azionista di Citigroup, Apple e gli hotel Four Seasons, il miliardario saudita non ha mai avuto aspirazioni politiche. Per questo molti hanno pensato che sia stato il suo protagonismo a irritare l’erede al trono: su questo e molto altro al Ritz Carlton Waleed Bin Talal avrà avuto modo di riflettere. Difficile pensare che l’uomo che ne uscirà sarà lo stesso di prima.