Il Messaggero, 24 dicembre 2017
Per i partiti sarà una campagna elettorale senza soldi
Il principale partito italiano, il Pd, che ha la bellezza di 280 deputati, 99 senatori, centinaia di consiglieri regionali e un esercito di sindaci, nel 2016 ha vissuto con appena 20 milioni di euro, circa 54.000 euro al giorno. Che corrispondono al giro d’affari di un ristorante di grido o di un negozietto a gestione familiare o poco più. Un bestione politico che esprime il governo del Paese e riempe le pagine dei giornali riceve energie da un cordone finanziario (almeno in apparenza) più che scheletrico. La carestia regna sovrana nelle verifiche dei bilanci di altre formazioni politiche: robette da pochi milioni, e spesso neanche a sei zeri. Un esempio? Fratelli d’Italia, terza formazione dello schieramento di centro-destra, vanta un bilancio pubblico di appena un milione di euro.
I DATIIl sito Openpolis.it si è divertito a quantificare il rapido prosciugamento di quello che fino a pochi anni fa era l’immenso fiume di risorse che foraggiava i partiti italiani: meno 61% per cento in quattro anni, con un crollo dai quasi 90 miilioni incassati nel 2013 ai meno di 40 del 2016 considerando tutti i tipi di finanziamento, pubblico e privati. La vita finanziaria dei partiti è così gracile che ormai un po’ tutte le formazioni (compreso il gruppo della Camera dei 5Stelle) hanno fatto ricorso ai licenziamenti o alla cassa integrazione per il proprio personale.
Ciò detto una domanda sorge spontanea: come faranno i partiti a gestire la prossima campagna elettorale? Openpolis.it offre una prima risposta: i canali di finanziamento della politica (e non da oggi) si stanno diversificando e moltiplicando. Due in particolare si stanno radicando al di fuori dei bilanci ufficiali dei partiti: le Fondazioni e le risorse assicurate dai gruppi parlamentari.
Sulle prime da tempo ha posto l’accento il presidente delle Commissione Anticorruzione, Raffaele Cantone. «È urgente – ha detto più volte Cantone – riformare la legge sul finanziamento pubblico dei partiti allargandola alle Fondazioni, in modo da rendere più trasparente il ruolo di queste organizzazioni nel sostegno a uomini politici o ai loro progetti». È noto ad esempio che la Fondazione Open, vicina a Matteo Renzi che ha bilanci pubblici, ha finanziato una parte della campagna referendaria (per la quale il Pd si è indebitato per più di 10 milioni). Le Fondazioni saranno uno dei canali di raccolta di fondi di molti candidati per le elezioni del 2018 che tuttavia non dovrebbero essere costosissime perché non ci sono le preferenze e perché i collegi uninominali maggioritari della Camera sono disegnati su una media di 200/230 mila abitanti e dunque sono piccoli.
I GRUPPI
I fondi dei gruppi parlamentari di Camera e Senato, invece svolgono un ruolo di primaria importanza per i 5Stelle. Nel 2016, ad esempio, hanno assicurato circa 6 milioni all’attività di quella formazione compresi gli stipendi dei dipendenti.
Un ruolo importante lo hanno poi i contributi degli eletti. I parlamentari del Pd, ad esempio, finanziano le strutture del partito – sia nazionali che locali- con circa 1.500 euro al mese. Risultato: nel 2016 i democrat hanno ricevuto contributi da persone per 7,6 milioni di euro ma di questa somma oltre 6 milioni (cioè quasi un terzo di tutte le entrate del Pd nazionale) sono state assicurate dai parlamentari.
Stando alle cifre fornite da Openpolis non sta funzionando granché il meccanismo del 2 per mille, ovvero la possibilità offerta ai contribuenti di donare il 2 per mille del proprio reddito ad una formazione politica attraverso il 730. L’idea era uno dei perni della riforma del finanziamento pubblico voluta dal governo Letta nel 2013. Nel 2016 gli italiani hanno finanziato i partiti col 2 per mille per meno di 12 milioni, 6,4 dei quali sono andati al Pd. La legge stabiliva un tetto massimo di contributi pari a 27,7 milioni.