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 2017  dicembre 23 Sabato calendario

Singh, un lottatore per guidare il Canada

Il Canada è simpatico. E non solo perché ha dato i natali ad Alice Munro, Jane Urquhart, Anne Michaels. Ci sono Paesi che nella geografia politico-culturale svolgono il ruolo degli amici nella vita: si guarda a loro cercando di condividere le idee, magari anche per diffonderle. Certo, Londra ha un sindaco di origini pakistane, mentre il primo ministro irlandese è figlio di genitori indiani. Ma forse solo in questa terra di laghi, boschi e scrittrici poteva essere scelto per guidare la terza forza politica nazionale un sikh dal turbante colorato che indossa un pugnale kirpan. Si tratta di Jagmeet Singh, 38 anni, leader da due mesi del «New Democratic Party».   Sarà lui, che pratica il jiu-jitsu brasiliano, a sfidare nel 2019 l’ex pugile Justin Trudeau. «La corsa per diventare premier è iniziata», è stato il suo primo tweet dopo l’elezione. In inglese, anche se è in grado di dire qualche frase in 45 lingue. Una cosa utile nella multinazionale Toronto, che non è solo quella della gallerie d’arte di Queen Street West: «una città di mondi abbandonati», scrive Anne Michaels, dove «quasi tutti sono venuti da un altro luogo, portando con sé i propri differenti modi di morire e sposarsi».
  Battere Trudeau, comunque, sarà quasi impossibile: il «New Democratic Party» è sceso da 95 a 44 seggi e il programma di Singh, molto radicale, ricorda quello di Bernie Sanders: estensione dell’assistenza sanitaria a tutti, aumento delle tasse sui redditi più alti, lotta al lavoro precario. Secondo Andrew MacDougall, ex consigliere del conservatore Stephen Harper, un avversario così «è il regalo di Natale perfetto» per i liberali. Intanto i due futuri rivali appaiono distanti: il capo del governo, per esempio, cerca di convivere con Trump mentre Singh, come ha detto al Guardian, pensa che «su alcuni principi non si possano fare compromessi».
    Vedremo. La sua popolarità è aumentata quando ha risposto in modo umano, indicando la necessità di «combattere l’odio», ad un uomo che lo accusava di «voler portare la sharia in Canada». E poi c’è un’altra cosa. «Per lungo tempo ho creduto – è ancora una pagina di In fuga di Anne Michaels – che non si imparasse nulla dal viso di un uomo».