Corriere della Sera, 23 dicembre 2017
Il ritorno di Tafazzi
Tafazzi era l’omino di uno sketch televisivo interpretato da Giacomo Poretti che si martellava il basso ventre a bottigliate. Assurto a simbolo della sinistra, si pensò che fosse stato rottamato dal Renzi arrembante della prima fase, quella ispirata a Napoleone. Ma se il tafazzismo è una condizione dello spirito che permette di individuare in modo infallibile la cosa sbagliata da fare e il momento peggiore per farla, bisogna riconoscere che i renziani della seconda fase, quella ispirata alla legge di Murphy, ne sono diventati i sostenitori più accaniti. In un crescendo tafazziano hanno cacciato il sindaco democratico di Roma per consegnarla ai Cinquestelle, trasformato il referendum istituzionale in un mesto plebiscito sull’X-Factor di Renzi, voluto una legge elettorale congegnata apposta per fare perdere il Pd e istruito una commissione sulla Tafazzonomics del risparmio che nelle intenzioni avrebbe dovuto inguaiare la Banca d’Italia e invece ha finito per danneggiare i Boschi d’Etruria.